
È morto a 84 anni l’ingegner Adriano Antolini, per dieci anni – fra 1980 e 1990 – direttore della Cmc. Un manager, l’ingegnere Adriano Antolini, che ha sempre guardato al futuro, un futuro lontano, basti dire che già quarant’anni fa aveva ideato assieme a Raul Gardini la ricostruzione della Darsena, con il progetto Marmarica, un’idea tanto futuribile che, pur cambiata, è stata presa in prestito da altri. "Io quel sogno di ricucire la città al Candiano ce l’ho ancora in testa", dichiarò in un’intervista, tanto che nel 2013 aveva presentato in Comune un progetto rivoluzionario, stazione spostata, via Darsena in tunnel. Un manager tenace, preparato, duro, che non conosceva ostacoli né paure e che per oltre mezzo secolo si è occupato di grandi lavori in giro per mezzo mondo, edifici, strade, ferrovie, dighe, tunnel, a cominciare da quando fu assunto giovanissimo verso la metà degli anni 60 poco più che venticinquenne, dal Consorzio delle Cooperative ravennati di costruzione, la Crc.
All’epoca si costruivano molte case, al Sud, e anche edifici pubblici, aveva base a Palermo e lì ebbe il primo incontro con la mafia. "A Licata stavamo costruendo l’ospedale, la mafia voleva che nei cantieri usassimo la loro acqua, dissi che l’acqua era nei pozzi. Con le bombe fecero saltare i pozzi. E io ne trovai altri". Dalla Sicilia alla Sardegna poi al Piemonte dove mise in pratica quanto aveva appreso a Parigi, ovvero l’edilizia industrializzata, i muri prefabbricati. Fu il primo in Italia a utilizzare questo metodo. Tornato a Ravenna, nel ‘74, rimise in piedi la Rescoop attraverso la fusione di otto cooperative di costruzioni presenti sul territorio. Ne diventò il direttore generale. Cinque anni dopo il passaggio alla Cmc, la storica Cooperativa di Muratori e Cementisti che già da anni aveva acquisito un ruolo dominante a livello internazionale sui fronti delle grandi opere. E infatti come primo incarico Antolini fu spedito in Mozambico dove la Cmc aveva vinto l’appalto per la grande diga del Pequenos Libombos, per l’approvvigionamento idrico di Maputo. Era il 1981, anni di turbolenze interne e il cantiere venne bombardato. A quel punto Antolini, assieme al vice ministro degli Esteri italiano Mario Raffaelli incontrò il vice presidente del Mozambico e minacciò la chiusura del cantiere se non avessero assicurato la sicurezza dei lavori. All’epoca Antolini era dg della Cmc. E comprese subito due aspetti della globalizzazione che stava muovendo i primi passi: il ruolo futuro della Cina e l’orizzonte internazionale della Cmc, ovvero i grandi lavori per dighe e tunnel. Tanto che portò la Cmc alla fiera mondiale di Pechino e soprattutto puntò sulle grandi talpe che stavano uscendo dalle industrie Usa. "Costruimmo un tunnel per un acquedotto in due anni mentre Pechino ne aveva previsti 25".
Ma con la Cmc Antolini non ha lavorato solo all’estero. C’è un’opera che la Romagna non dovrà mai dimenticare, la diga di Ridracoli, che in tempi di grave crisi idrica assicura i rifornimenti agli acquedotti romagnoli: "Ogni mese andavo a Roma al ministero per i finanziamenti che in corso d’opera venivano spesso sospesi…", raccontava. A fine anni novanta con Gardini fu l’artefice del progetto Marmarica, dal nome di una motonave di inizio ‘900, con cui si puntava sul recupero e la valorizzazione della vecchia darsena: non erano i tempi e non se ne fece nulla. Lasciata la Cmc passò a Italstrade e nel ‘92, in pieno clima Tangentopoli, conobbe il carcere per asserite irregolarità nella gestione dei lavori per la diga del Bilancino, nel Mugello. "Nove giorni in carcere, sette ai domiciliari, fu dura, venni assolto con formula piena, lo Stato mi ha indennizzato con 25 milioni. Che brutta pagina…".
Tanto che sull’onda di quell’esperienza, nel 2015 Antolini pubblicò un libro dal titolo: "Dall’ombra alla luce del sole. La corruzione nelle opere pubbliche si può estirpare". A fine anni 90 passò alla ‘Grande Lavori Fincosit’, realizzò opere a Berlino e Miami, poi nel 2001 costituì una propria azienda, la Siat con la quale nel 2008 vinse la gara per il progetto di superamento del canale Candiano, mediante un tunnel. Un altro sogno che non si è realizzato.
Carlo Raggi