Addio Corbari, figlio del partigiano Silvio

Si è spento a 78 anni Gian Carlo, uno dei giovani testimoni della Resistenza. Il padre fu ucciso nel 1944, tradito da un delatore

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Gian Carlo Corbari, figlio di Sirio Corbari detto Silvio, il partigiano faentino, è scomparso la scorsa notte di sabato 6 giugno all’età di 78 anni mentre era ricoverato da qualche tempo all’ospedale di Faenza. Gian Carlo era nato a dicembre del 1942 dall’unione di Corbari, appena 19enne, con Lina Casadio. Dopo l’8 settembre l’Italia, successivamente alla fuga dei Savoia a Brindisi, rimase nel caos lasciando spazio alla guerra civile. Silvio Corbari decise di armarsi e organizzare la Resistenza sui monti rastrellando armi e munizioni nelle caserme abbandonate dai soldati dell’esercito italiano allo sbando. Dopo che le truppe tedesche entrarono a Faenza, il gruppo di Corbari, composto da una ventina di partigiani, prese la via della montagna. Ben presto la compagine di Corbari arrivò a contare una sessantina di uomini, costituendo due compagnie. Il 23 settembre del 1943, nell’hotel delle terme a Castrocaro, Mussolini, dopo essere stato liberato dalla sua prigionia sul Gran Sasso, partecipò a una riunione con altri gerarchi per costituire la Repubblica sociale italiana. Lo spiegamento di forze non passò inosservato a Corbari che approntò un piano per attentare alla vita di Mussolini, ma i dirigenti politici della Resistenza ed ex militari lo fermarono perché consideravano quella formazione partigiana impreparata e male addestrata. Dopo un altro episodio analogo all’interno delle fila della del gruppo di Corbari si crearono frizioni che portarono all’allontanamento di tanti.

Silvio Corbari costituì così un piccolo gruppo formato da una trentina di persone. Sempre secondo le fonti storiche, nell’agosto del 1943, a Faenza, Corbari picchiò quasi a morte un concittadino di fede fascista. Una volta per fugare la diceria della sua presunta morte scese dalle colline indossando una divisa ed entrò a prendere un caffè in un bar centralissimo di Faenza.

Dopo che alcuno lo ebbe riconosciuto strappò dal muro una foto di Mussolini scaraventandola a terra per poi dileggiarlo e uscire dal locale come se nulla fosse. La vita di Corbari fu spezzata a 21 anni, a causa di una soffiata da parte di un delatore che apparteneva alla sua stessa banda. Il 18 agosto del 1944 Corbari e altri partigiani fu circondato da reparti fascisti a San Valentino, vicino Modigliana. Condotti a Castrocaro furono impiccati e i loro corpi portati a Forlì rimasero appesi per giorni ai lampioni in piazza Saffi quale monito per chi si ribellava. Silvio Corbari è stata una figura importante per la Resistenza, simbolo di quella parte di Faenza che sebbene giovanissima preferì combattere come poteva contro il fascismo e i nazisti. Gian Carlo, il figlio di Silvio, abitava a Faenza in Borgo con la moglie Iole, anche lei persona attivissima e figura di rilievo nell’ambito culturale della città.

Gian Carlo prima di andare in pensione aveva lavorato nella mitica concessionaria faentina Fiat della famiglia Minardi dalla quale poi nacque la scuderia automobilistica. "E’ una grande perdita per la nostra associazione e per quelli che lo avevano conosciuto – dice Sauro Bacchi, presidente della sezione manfreda dell’Anpi –; proprio nella casa di Gian Carlo e di Iole è conservata la bandiera del battaglione di Corbari ed era sempre la signora Iole a mantenere i contatti con i familiari di quelli che fecero parte del periodo di resistenza che combatterono assieme a Silvio Corbari. A oggi è ancora in vita un partigiano che aveva combattuto con Corbari e che abita a Forlì". "Esprimo sentite condoglianze alla famiglia -dice invece il sindaco Giovanni Malpezzi- nel ricordo di suo padre Silvio, che tanto ha fatto per la nostra Faenza libera e democratica".

Antonio Veca