Ravenna, adescava ragazzine sul web. Trentenne a processo

A insospettirsi la madre di una ragazzina che aveva letto una chat. "In cambio di incontri prometteva una borsa di Luis Vuitton"

Una ragazza su Facebook (repertorio)

Una ragazza su Facebook (repertorio)

Ravenna, 17 novembre 2018 - Soldi o borse firmate: la sua promessa – secondo la procura – stava tutta lì. E se non ci credevi, ti mandava pure la foto di un esclusivo modello Louis Vuitton. In cambio dovevi incontrarlo, baciarlo o magari spingerti a fare molto altro. Un’accusa di tentata prostituzione minorile quella che vede un 30enne imolese imputato davanti al collegio penale di Ravenna.

Le parti offese sono cinque ragazze, all’epoca tutte minorenni, sparpagliate tra Imola, la provincia di Roma e il Ravennate. Ed è proprio grazie a una delle madri di loro che il caso era arrivato sui tavoli della Dda di Bologna, competente per tipologia di reato. Come raccontato nella prima udienza istruttoria del processo dalla giovane protagonista, una minorenne ravennate, lei aveva chattato con il 30enne sul computer della madre dimenticandosi poi la sua pagina Facebook aperta: e così la mamma per caso si era accorta di tutto ed era andata in questura. Era l’agosto del 2016 e la ragazzina aveva 15 anni.

In questo, come nella maggior parte degli altri casi, la prima a contattare la minore via Facebook, era stata una ragazza o sedicente tale: perché per l’accusa (pm Roberto Ceroni) altri non era che un falso profilo creato ad hoc dall’imputato. "Quando quella ragazza mi contattò, pensai a ragioni legate al mondo delle discoteche – ha precisato la minorenne –. Poi mi chiese se per 100 euro limonavo (baciare, ndr). Quindi le richieste si fecero più specifiche. A un certo punto mi disse il nome di lui ma la voce di quell’uomo non l’ho mai sentita". Le comunicazioni erano insomma avvenute sempre attraverso i social: anche whatsapp quando a un certo punto la ragazzina aveva dato il suo numero di cellulare.

"Quando quella ragazza mi propose di andare a fare quelle cose da lui, dissi di sì: ci saremmo dovuti incontrare in stazione e andare a casa sua". Poi però "a un certo punto dissi che era tutto uno scherzo e che non ci sarei più andata". Nel frattempo l’uomo aveva palesato la sua offerta: "Mi mandò la foto di una borsa di Louis Vuitton" e "mi avrebbe pagata 100 euro a incontro".

Anche la seconda ragazzina, una ravennate all’epoca 15enne, ascoltata dai tre giudici (Calandra-Lipovscek-Chibelli), ha riferito della ragazza (o sedicente tale) che via Facebook faceva da procacciatrice per il 30enne. "Il periodo era il 2012-2013 e mi scrisse questa ragazza. Mi proponeva regali tipo soldi o borse in cambio di foto". Quella intermediaria, che all’inizio si era dichiarata interessata alla donne, aveva poi disvelato altre intenzioni dato che "mi pubblicizzava" il 30enne imolese. Anche in questo caso il tentativo di incontrarsi naufragò.

L’ultima a parlare in aula, all’epoca aveva 14 anni e l’imputato lo incontrò per strada: "Ero in centro a Imola con un’amica che mi disse di conoscerlo perché si diceva che proponesse soldi per incontri: e io ero molto piccola, ingenua e manipolabile". In questo caso, dopo i contatti via Facebook, si erano verificati incontri: "Venne a prendermi vicino a casa mia più volte e andammo a casa sua. Mi offrì soldi per fare cose: ma lo baciai e basta, nient’altro. Ho cercato anche di conoscerlo. Alla fine mi regalò soldi perché sapeva della mia difficile situazione familiare". Per quanto riguarda le ultime due minorenni coinvolte, per loro, entrambe assenti, sono stati acquisiti i verbali di interrogatorio della polizia. Udienza aggiornata a fine marzo quando a parlare saranno gli psichiatri delle parti.

Dal tenore delle domande, la difesa (avvocato Alberto Padovani) ha fin qui lasciato capire che si concentrerà sull’elemento soggettivo, il dolo: come dire che un conto è scrivere qualcosa e un conto è metterlo in atto. E il 30enne non avrebbe cioè avuto intenzione alcuna di mettere in pratica ciò che scriveva. Il fascicolo vedeva altri due indagati: due 21enni ravennati (avvocato Maurizio Taroni) finiti nei guai per foto scambiate con il cellulare e per le quali entrambi hanno già ottenuto la messa alla prova.