Aggressioni ai sanitari, 135 episodi in un anno a Ravenna

I dati forniti dall’Ausl su richiesta della Lega in Regione. Molti casi nei Pronto soccorso: "Spesso sono le attese a generare rabbia"

Il problema delle aggressioni è diventato sempre più grave (foto di repertorio)

Il problema delle aggressioni è diventato sempre più grave (foto di repertorio)

Ravenna, 12 dicembre 2022 - Il picco è avvenuto, dati alla mano, nel 2019: quell’anno gli operatori della sanità pubblica nell’ambito di Ravenna hanno subito 191 aggressioni. Ma non è che la pandemia abbia migliorato le cose, perché mentre li chiamavamo "eroi" medici, infermieri e oss sul nostro territorio subivano 133 episodi di questo tipo nel 2020 e 135 nel 2021.

I dati relativi alle violenze nei confronti dei sanitari mostrano quello che è un problema più che mai attuale: solo cinque anni fa infatti, nel 2017, le aggressioni riportate erano state in totale 22 e nel 2018 88.

Ma che tipo di episodi violenti subiscono i sanitari? Nella maggior parte dei casi, si tratta di aggressività verbale: 85 gli episodi nel 2021. ’Solo’ in 23 occasioni a questa si è aggiunta quella fisica, mentre in un 1 caso solo l’aggressione è stata solo fisica. In 13 episodi a quella verbale si è aggiunta anche quella contro le proprietà e in altri 13 è stata di tipo sia fisico che verbale che contro le proprietà. Va detto che la violenza esclusivamente verbale è quella per la quale si registrano la stragrande maggioranza degli episodi anche negli anni precedenti.

I dati sono stati forniti dall’Ausl su richiesta della Lega in Regione e resi noti dal consigliere regionale leghista Andrea Liverani, che commenta: "Il fenomeno delle aggressioni del personale medico da parte di terzi rappresenta una problematica che dev’essere fermata. Non sono più casi isolati, i numeri parlano da soli". Liverani rileva che il fenomeno è in crescita e "dev’essere fermato, non possiamo rischiare che questo possa condizionare ulteriormente la qualità del servizio sanitario regionale. Gli operatori sanitari svolgono un lavoro essenziale e devono poterlo fare con la giusta serenità e non con il timore di essere attaccati o aggrediti. Da anni gli Ordini stanno denunciando situazioni sempre più al limite, ma spesso sono rimasti inascoltati". In merito alle possibili soluzioni, Liverani dice che "sono già molti gli spunti che in questi anni sono emersi, come un presidio delle forze di polizia 24 ore su 24 o una maggiore regolazione degli ingressi, ma sicuramente il lavoro più importante da fare è quello sulla prevenzione, investendo contro le radici della violenza".

Ma quali sono i contesti in cui avvengono maggiormente episodi di questo tipo? I sindacati sono concordi nell’identificare il Pronto soccorso come uno dei contesti più a rischio: "La maggior parte è a carico del personale del Pronto soccorso, del triage e del 118 – dice Luca Fusaroli, segretario territoriale Nursind Ravenna – mentre nei reparti la situazione è più sotto controllo. Gli episodi si scatenano maggiormente nel caso di lunghe attese. Quasi sempre le aggressioni sono verbali e terminano con una segnalazione alle forze dell’ordine, ma spesso tutto si chiude in un nulla di fatto. Per gli operatori è complicato dover gestire, oltre al paziente, anche queste tensioni. Molto dipende da quanta affluenza c’è al Pronto soccorso, e spesso più che i pazienti stessi a inveire sono i parenti. Per fortuna di rado si arriva alla violenza fisica".

Anche Claudio Laghi, segretario responsabile della Sanità pubblica della Fp Cgil, spiega che spesso sono i parenti dei malati ad arrabbiarsi: tanto che "la riduzione dei loro accessi durante il Covid è stata una componente importante". E ciò spiega il calo degli episodi nel 2020 e 2021 rispetto al 2019: "Sono anni che cerchiamo di sensibilizzare sul tema, perché si mettano in campo azioni per tutelare gli operatori che lavorano in ambiti sensibili come anche i centri di Salute mentale e i Sert – aggiunge Laghi –. La tutela deve passare attraverso filtri, spazi adeguati e il coinvolgimento delle istituzioni del territorio. Già nel 2018/2019, prima della pandemia, stavamo lavorando per individuare le aree più critiche e aiutare il personale. Occorre intervenire. La gente attende e si spazientisce, ma la questione riguarda anche gli usi impropri del Pronto soccorso, dovuti a una sanità che deve dare risposte anche a bisogni per i quali i pazienti potrebbero rivolgersi ad altre strutture, che tuttora non funzionano del tutto".