ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Agguato all’imprenditore Arena. Assoluzione per il quarto uomo

Il tribunale lo ha scagionato dal tentato omicidio e ha dichiarato prescritte le minacce aggravate.

È stato assolto dall’accusa di tentato omicidio "per non avere commesso il fatto". Mentre per l’altro capo di imputazione, le minacce aggravate, il collegio penale del tribunale di Ravenna, una volta esclusa l’aggravante del metodo mafioso, ha dichiarato l’estinzione per intervenuta prescrizione. Si è chiuso così nel primo pomeriggio di ieri il processo all’uomo sospettato di essere il quarto componente del gruppo criminale che l’8 luglio del 2009, in pieno centro a Faenza, cercò di uccidere Salvatore Arena.

La vittima designata - imprenditore di origini catanesi - era ’colpevole’ agli occhi di un concorrente di non rinunciare a un appalto in un’azienda imolese. Verso le 7 di 16 anni fa, dopo essere uscito dalla sua abitazione, Arena aveva notato un uomo in piedi sul marciapiede opposto: questi, una volta attraversata la strada, aveva impugnato una pistola sparando cinque colpi; due avevano raggiunto l’imprenditore a braccio e piede sinistro.

Le indagini coordinate dalla Dda, avevano inquadrato quali potenziali autori del delitto, Salvatore Randone, Antonino Nicotra e Antonino Rivilli: tutti erano poi stati rinviati a giudizio per tentato omicidio aggravato dall’associazione mafiosa e per una serie di altri reati tra cui la tentata estorsione. Il processo di primo grado si era concluso con condanne a 20 anni confermate in appello. La Cassazione aveva ribadito la condanna per l’estorsione annullando però quella per il tentato omicidio in attesa di nuovo appello.

Alla luce di quanto emerso anche in dibattimento, l’accusa, senza delinearne nello specifico il ruolo, aveva ipotizzato che un ulteriore potenziale co-autore del fallito agguato potesse essere Antonino Timpanaro residente a Castel Bolognese, difeso dagli avvocati Lorenzo Valgimigli e Alice Rondinini e nipote di Arena (è figlio della sorella). Timpanaro - secondo l’accusa - avrebbe avuto un ruolo importante nell’organizzazione di un incontro svoltosi due anni prima del fallito agguato a Piano Tavola, vicino a Catania, nel quale al fratello dell’Arena era stato chiesto di convincere il familiare a cessare le attività imprenditoriali che danneggiavano gli affari di Salvatore Randone. In aula Arena aveva risposto alle domande fornendo diversi particolari della vicenda compresi alcuni di quelli che avevano portato la Dda a ritenere il Timpanaro coinvolto. Arena, parte civile con l’avvocato Nicola Montefiori, aveva parlato dei rapporti difficili con il nipote e aveva ricordato che nel periodo successivo al tentato omicidio, la situazione patrimoniale del Timpanaro era a suo dire migliorata. Per il tribunale tuttavia l’imputato non aveva avuto alcun ruolo nell’agguato.