Ieri alla Fiera di Cesena la Fai Cisl nazionale insieme alla Fai Cisl Romagna ha presentato il primo Rapporto sui lavoratori immigrati impegnati nel settore agroalimentare. Questo studio mira ad offrire una panoramica del contributo dei lavoratori stranieri nel settore agroalimentare romagnolo, sottolineando il ruolo cruciale dei lavoratori stranieri, sia comunitari che extracomunitari, nel settore agricolo romagnolo. Le province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini emergono come territori in cui la manodopera migrante è diventata una componente essenziale per il buon funzionamento delle filiere agroalimentari.
A Ravenna, il totale dei lavoratori agricoli ammonta a 18.175. Qui i numeri sottolineano una forte presenza comunitaria con 11.960 lavoratori, a cui si affiancano 6.215 lavoratori extracomunitari. L’occupazione risulta prevalentemente maschile, con 11.314 lavoratori uomini, ma anche le donne svolgono un ruolo importante con 6.861 lavoratrici impiegate. A Forlì- Cesena sono 20.575. Di questi, 13.694 provengono da Paesi comunitari e 6.881 da Paesi extracomunitari, con una distribuzione abbastanza equilibrata tra lavoratori maschi (10.526) e femmine (10.049). Mentre Rimini, pur presentando cifre inferiori rispetto alle altre due province, mostra comunque un rilevante impiego di manodopera straniera: 2.542 lavoratori in totale.
"Il sistema agroalimentare romagnolo è composto da un forte sistema cooperativo e piccoli produttori – ha detto il segretario generale della Fai Cisl Romagna Roberto Cangini –. I lavoratori stranieri, hanno un ruolo centrale nell’economia romagnola anche nella produzione di prodotti di qualità riconosciuti nel mondo come made in Italy".