
Il torrente Marzeno scorre ad appena trenta metri, al di là di via San Martino. Adesso è quasi privo di acqua, ma per i proprietari delle 34 villette del ‘villaggio Fornace del Bersaglio’ l’incubo di rivivere le terribili esperienze del 2 maggio e ancor più quella del pomeriggio del 16 non si dissolverà facilmente dalle loro memorie. "Ma almeno vorremmo assicurazioni che lungo il suo corso sarà fatto tutto il possibile perché il torrente non esondi di nuovo e investa il nostro villaggio": a parlare è Nadia che, assieme ad alcuni altri proprietari, abbiamo incontrato nel silenzio del minuscolo quartiere che ancora mostra i segni della duplice inondazione e da dove solo di recente i mezzi comunali hanno prelevato parte dei cumuli di creta consolidata rimossa ormai quattro mesi fa dalle abitazioni e dalle sei strade. Qui le villette, tutte indipendenti, sono a un solo piano fuori terra e uno interrato. Una sola è a due piani. Anche se in lieve rialzo rispetto a via San Martino, il Marzeno, gonfio come un’autostrada a tre corsie, riversò acqua fin quasi alla parte più alta del villaggio allagando completamente gli interrati, vale a dire studi, biblioteche, servizi e anche il piano terra per oltre un metro: in sostanza fino a quattro metri di acqua e fango in casa.
A quattro mesi dal disastro tutti gli interrati sono ancora gonfi di umidità, non sono bastate le finestre e le porte sempre aperte, i deumidificatori, la rimozione di tutti i tramezzi in cartongesso. Per questo, di quelle 34 unità abitative, solo sei-sette, quelle nella zona più in alto, sono di nuovo abitate. Di cento persone che fino ai primi di maggio abitavano e animavano il villaggio, a oggi ne sono potute rientrare solo una ventina. "Siamo ben coscienti che il problema di avere garanzie per il futuro è di tutti, ma se lungo il corso del Lamone, dal quartiere Orto Bertoni a valle, gli argini sono stati rifatti e consolidati e l’alveo è stato ripulito, qui nel Marzeno, a un passo dal nostro villaggio, la situazione è quella di prima dell’inondazione, oltretutto qui il torrente non ha argini, ma solo basse sponde e l’alveo è pieno ancora di alberi. Ecco perché siamo preoccupati, perché per investire non so quante migliaia di euro a ristrutturare casa, a parte che non si sa se e come verremo indennizzati, presuppone almeno la sicurezza che sul Marzeno verranno eseguite opere che impediscano il ripetersi dell’esondazione"" è il coro, unanime.
Qui il 2 maggio l’acqua del Marzeno entrò per lenta esondazione superando le sponde a livello della strada, mentre il secondo evento fu disastroso perché anche per il cedimento delle sponde del torrente poco più a monte, dove ci sono le briglie, arrivò una valanga d’acqua, incanalata attraverso i campi, che scavalcò prepotentemente la via San Martino e investì il villaggio con una furia impressionante superando un dislivello di vari metri (e, va detto, devastando nel suo percorso varie altre case). "Memori del 2 maggio già dal 15 avevamo protetto il villaggio con sacchi di sabbia. Ma noi pensavamo a un fenomeno come il precedente, invece… spazzato tutto in un baleno. Fortuna che ci avevano fatto evacuare".
Anche qui, pur se la zona è ad almeno due chilometri dalla città e difficilmente era raggiungibile per via della chiusura della via San Martino e delle strade attorno a Faenza, come dal nulla, nell’immediatezza emersero decine di giovani volontari, da varie parti d’Italia. Poi arrivò la Protezione civile. "Senza i volontari sarebbe stato ben arduo rimetterci in moto" dice Francesca.
Il quartiere, ideato nel 2003, è nato del 2007. Il progetto del Comune era di permettere una mini-lottizzazione con villettine particolari, dai 50 ai 180 metri quadrati, con alti pergolati in legno e tutte protette da muri, disegnate dagli architetti Cristofani e Lelli, per nulla impattanti con il verde circostante, in cambio della conservazione (su disegno dell’architetto Rita Rava) della adiacente antica fornace del Bersaglio (con i forni Hoffmann, unico esempio rimasto a Faenza di archeologia industriale sul tema) con l’accordo di aprirla in parte a iniziative pubbliche. L’immobiliare Bramante srl, una volta ultimate le villette e realizzati gli impianti di illuminazione nei parcheggi, avviò la costruzione di una pista ciclabile interna e il restauro della fornace, ma poi si trovò in difficoltà finanziarie, fu messa in liquidazione poi nel 2019 è fallita.
Da allora la procedura è ferma e parcheggio, ciclabile e fornace sono stati inghiottiti dalla folta vegetazione con gravi danni alle opere eseguite. "Un peccato, perché sarebbe stato un bell’esempio completo di residenzialità moderna e leggera. Pazienza! Pensi che all’inizio avevamo anche attrezzato una delle unità a micro-nido per i bimbi. Quello che manca è una ciclabile lungo via San Martino per raggiungere Faenza in sicurezza. Su via San Martino le auto sfrecciano ben oltre il limite dei 50 che fu posto anni fa dopo la nostra richiesta", dice Maurizio.
Carlo Raggi