"All’arrivo in Italia ho dormito per 18 ore"

Vitalina Prylutska, che vive in città dal 2000, era andata in Ucraina per salutare i famigliari e si è ritrovata in mezzo alla guerra. Ora è tornata

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Vitalina Prylutska è di nuovo in Italia, a Ravenna, dove vive dal 2000. A metà gennaio era tornara in Ucraina, a Nikolaev, la sua città, per salutare la famiglia, rimanendo bloccata dopo lo scoppio della guerra. "Mia madre, mio fratello e mia figlia – racconta – sono rimasti lì, ma non a Nikolaev, dove i bombardamenti sono incessanti giorno e notte. Ci siamo trasferiti in un’altra città, Ivano-Frankovsk, nella parte occidentale dell’Ucraina. Lì la situazione è più tranquilla rispetto a Nikolaev, dove adesso manca anche l’acqua perché le condutture dell’acquedotto sono state colpite dalle bombe. Quando siamo andati via era senza già da tre giorni, il sindaco aveva organizzato una distribuzione con le auto. Si fermavano in vari punti della città dove la popolazione poteva andare a prenderla gratuitamente".Da Nikolaev a Ivano-Frankovsk venti ore di viaggio su un pullman, stipato fino all’inverosimile.

"Una situazione inimmaginabile – ricorda Vitalina – con la gente seduta sugli sgabelli anche nel corridoio centrale, persino nello spazio riservato all’autista. In ogni città i nostri soldati ci fermavano per controllare i documenti e viaggiavamo con ogni tipo di animali, cani, gatti, pappagalli, criceti. Sembrava di essere in uno zoo. A Ivano-Frankovsk, dopo settimane sotto i bombardamenti sempre con l’ansia di dover correre nel bunker giorno e notte, la sera sono andata a letto e ho dormito per 18 ore consecutive. Lo stesso mi è successo quando sono arrivata in Italia". A Ivano-Frankovsk è rimasta la famiglia, mentre Vitalina si è messa in viaggio per l’Italia dopo quattro giorni. "Sono partita alle 8 del mattino – spiega – e sono arrivata alle 4 del pomeriggio del giorno dopo, cioè venerdì. Il viaggio è stato abbastanza tranquillo, ero in un pulmino piccolo insieme ad altre donne con i figli. Abbiamo attraversato il confine con l’Ungheria e siamo entrati in Italia dalla parte di Trieste. Che sollievo è stato".

Subito dopo la frontiera hanno trovato i volontari italiani pronti ad accogliere i profughi, a spiegare cosa fare, a dare generi di conforto. "Distribuivano cibo e bevande calde a chi non aveva da mangiare" aggiunge Vitalina, e il suo pensiero va alla casa della sua famiglia a Nikolaev. "Siamo partiti e abbiamo dovuto lasciare tutte le nostre cose. Ero arrivata a gennaio con una grande valigia, sono ritornata in Italia con uno zainetto e basta", dice la donna. Eppure non vuole cedere al dolore. "Mi verrebbe da piangere – assicura – ma non lo faccio perché voglio pensare che questa guerra finirà presto e che tutto andrà bene. Sono in ansia per la mia famiglia, penso a loro di continuo, li chiamo, ci scambiamo messaggio tante volte al giorno, ma la preoccupazione è tanta". Arrivata a Ravenna Vitalina Prylutska ha ricominciato a lavorare. È tornata al bar Mosaico di via Argentario, dove ha sempre lavorato e dove aspettavano il suo ritorno.

"A Ravenna – conclude Vitalina – ho ritrovato i miei amici italiani e ucraini, erano così contenti di vedermi, non facevano che abbracciarmi. Sono contenta di questo, anche se il pensiero è sempre in Ucraina, dalla mia famiglia. Non faccio altro che consultare una app sul telefono, una specie di mappa degli allarmi che scattano nel mio paese, per essere sicura che non riguardino i miei".

Annamaria Corrado