Anatre morte a Ravenna, la corsa per salvare le sopravvissute

Viaggio nel centro di recupero, sono 150 gli uccelli portati a Fosso Ghiaia coi sintomi del botulino

Massimo Marendon sta curando le anatre trovate ancora vive

Massimo Marendon sta curando le anatre trovate ancora vive

Ravenna, 7 ottobre 2019 – E’ salito a duemila il numero degli uccelli acquatici morti nella Valle della Canna a causa del botulino. Anatre, folaghe, avocette, beccaccini: un patrimonio faunistico distrutto. Le associazioni venatorie hanno promosso una nuova uscita dei volontari con le guardie pinetali e i tecnici comunali: torneranno dentro la valle sper raccogliere altri carcasse. In questi giorni si sta, infatti, immettendo acqua pulita nell’area per renderla nuovamente salubre e quindi è meglio non addentrarsi tra i canneti. Al Centro recupero animali selvatici di via Fosso Ghiaia, sono ricoverati oltre 150 anatidi recuperati ancora vivi. Qui sono stati presi in cura da Massimo Marendon, presidente del centro, e dai suoi collaboratori.

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Marendon, quali cure prestate a questi uccelli? «Il nostro compito è quello di idratare questi animali e di curarli con antibiotico. Siamo in due a fare questo lavoro che richiede almeno tre ore al giorno».  

Come reagiscono alle terapie? «Verrò certamente smentito dai fatti, ma gli uccelli stanno reagendo bene alle cure. Per ora non ne sono deceduti che una ventina, mentre le previsioni parlano di un tasso di mortalità del 90%»

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Quelli che stanno meglio come si comportano? « Ci sono anatre e alzavole che, dopo alcuni giorni di cure, tentano di muovere le ali. Altri che si contendono il territorio. Insomma, c’è una positiva reazione alle cure. Speriamo bene».  

Quando avete recuperato i primi acquatici morti? «I primi, sei per la precisione, li abbiamo recuperati l’8 settembre vicino alla torretta di avvistamento della Valle della Canna. Questi esemplari sono stati inviati all’Istituto zooprofilattico di Forlì che in quei giorni era impegnato nelle analisi connesse all’inchiesta sul relitto Berkan B. Quando sono arrivati i risultati, e si è saputo del botulino, abbiamo subito immaginato che la valle sarebbe stata piena di cadaveri».  

Dall’Istituto zooprofilattico avete ricevuto altre istruzioni? «Siamo in attesa di recuperare uccelli ittiofagi, come il cormorano, per sottoporli ad analisi alla ricerca di un altro ceppo di botulino».  

Il vostro intervento sta suscitando anche tanta curiosità. «Da quando la notizia della strage degli uccelli è diventata di dominio pubblico, ci sono genitori che accompagnano i figli al centro nella speranza di far loro vedere i tanti uccelli presenti nelle voliere. Al massimo, però, possono osservarli dall’esterno della struttura».  

Alcuni mesi fa avete lamentato il poco spazio a disposizione per le attività. Ora? «I nostri interventi crescono giorno dopo giorno. Negli ultimi giorni siamo intervenuti per due lupi e due caprioli, vittime di incidenti stradali. Facciamo almeno duemila interventi di recupero all’anno e avremmo bisogno di una struttura più grande di quella attuale. Ci siamo aggiudicati un bando con un’area e infrastrutture adatte, per ora, però, non riusciamo a entrarne in possesso».