"Arrivano persone che hanno visto l’orrore"

Monia Belletti, infermiera faentina di Romagna Soccorso, è al primo punto di accoglienza dei profughi in Italia, a Ugovizza (Udine)

Migration

Monia Belletti, a sinistra, in uniforme, all’hub di frontiera di Ugovizza mentre accoglie profughi.

Un’infermiera faentina all’Hub di frontiera di Ugovizza, in provincia di Udine, punto di prima accoglienza per i profughi ucraini in arrivo dalla Slovenia e dall’Austria. Monia Belletti, infermiera del 118 - Romagna Soccorso, è da alcuni giorni in missione umanitaria aggregata al Cives, il gruppo di infermieri della Protezione civile nazionale che partecipa alle emergenze sanitarie di massa, in Italia e all’estero. "L’Hub di Ugovizza – spiega – è il luogo di smistamento dei profughi in fuga dalla guerra che arrivano con autobus, auto private e pulmini. Qui vengono identificati, filtrati e destinati all’accoglienza. L’ingresso è presidiato dai militari mentre i controlli di identificazione sono affidati alla polizia di frontiera. Con noi ci sono anche gli operatori dell’Onu-Unhcr, psicologi e assistenti sociali, e operatori di Save the Children". Arrivano persone che hanno affrontato anche 15 giorni di viaggio.

"In realtà – continua Belletti – non hanno grossi problemi sanitari, ma ci troviamo di fronte a patologie minori come nausea, mal d’auto, mal di testa. Cerchiamo di aiutarli nei loro bisogni primari, dando loro cibo e bevande calde. Quello che colpisce è vedere la stanchezza nei loro occhi, lo stress e le incognite del futuro, di persone che hanno dovuto lasciare tutto in fretta e furia e scappare. Molti di loro arrivano anche con animali. E tanti bambini. Nella mia piccola infermeria c’è anche un angolo per la cura del neonato con fasciatoio e tutto l’occorrente per il cambio, compresi pannolini e scalda-biberon". Angoscianti i racconti fatti da alcuni dei profughi: "Nei giorni scorsi abbiamo notato un’auto i cui vetri erano tenuti assieme con lo scotch. Ci hanno dettp che mentre stavano viaggiando è esplosa una bomba vicina all’auto. Si sono rotti tutti i vetri. Ma si sono salvati. Anche il tettuccio era tenuto assieme con il nastro adesivo".

Molti hanno visto scene spaventose: "Ci sono donne con crisi d’ansia, persone che piangono per l’orrore. A riprova dei racconti, quasi a volerci convincere, ci mostrano foto e video di distruzione". Ognuno giunge con mezzi diversi: "C’è chi arriva con la sua auto: tra loro anche uomini che in genere non potrebbero uscire dal loro paese perché devono combattere (ci sono rare esenzioni, per esempio per chi ha molti figli, ndr). Forse si è instaurata una compravendita dei lasciapassare e c’è chi paga. Chi ha meno denaro invece viaggia per giorni sui pullman". Il viaggio di Monia Belletti potrebbe non finire qui. Infatti è in attesa di capire se Cives debba essere spostata verso una frontiera più ‘calda’ come quella tra Ucraina e Polonia.