Assegni clonati, tentata truffa al Vaticano

Quattro imputati avevano messo all’incasso titoli per un totale di 200mila euro, con la firma falsificata di un monsignore

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Attraverso una serie di assegni clonati, con apposta la firma falsa di un alto prelato, secondo l’accusa avrebbero tentato di incassare un totale di 200mila euro con dal conto delle Pontificie Opere Missionarie della Città del Vaticano. Buona parte degli incassi non sono andati a buon fine e su segnalazione del funzionario di banca alla fine si sono ritrovati a processo con le accuse, a vario titolo, di truffa, tentata truffa e falsificazione dei titoli di credito. Sono quattro gli imputati e tra questi c’è un 36enne cubano residente a San Pietro in Vincoli, ora difeso dall’avvocato Roberta Melandri, mentre gli altri sono romani. La prima udienza si è tenuta ieri, davanti al giudice Andrea Chibelli, che ha incardinato un processo che si terrà con rito abbreviato.

A fare scattare l’indagini erano state le denunce, tra 2017 e 2018, di un monsignore il quale era stato informato dalla banca del tentativo di porre all’incasso una serie assegni da 50mila euro. Ma gli originali erano ancora nel carnet nella disponibilità del religioso e attaccati alla relativa matrice, da qui l’ipotesi che i titoli fossero stati clonati e la sua firma falsificata. Ben presto si era risaliti ai presunti responsabili di quelle truffe e tutti avevano offerto spiegazioni e storie diverse. Ciò fa supporre che fossero pedine, non si sa quanto ignare, di un giro più ampio che li utilizzava come semplici esecutori, in cambio di denaro o altri favori. Nel caso del cubano residente nel Ravennate, lo stesso si era rivolto alle Poste e i 50mila euro non furono messi all’incasso per mancanza di liquidità su quel conto; gli sarebbero dovuti servire come acconto per il pagamento di una casa a Cuba.

Un altro imputato racconta una storia diversa e cioè che l’assegno da 50mila euro gli era stato consegnato come contropartita all’acquisto di orologi preziosi e lui disconosceva chi fosse il titolare del conto corrente. Tra gli imputati c’è anche una donna, la quale racconta di essere stata intercettata per strada da un individuo, che in cambio di una somma di denaro le avrebbe chiesto di mettere all’incasso quell’assegno. Alla fine solo uno dei prelievi è andato a buon fine e le Pontificie Opere Missionarie – rete mondiale a servizio del Papa per sostenere la missione e le giovani chiese – alla fine avrebbero finito per rimetterci 50mila euro.