Assolto il padre di Cagnoni: "Non è punibile"

L’ex luminare del Careggi di Firenze era a processo per come in aula aveva cercato di difendere il figlio, alla sbarra per il delitto della moglie

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Non può essere punito per le dichiarazioni che rese nel corso del processo in Corte d’Assise quando, dal banco dei testimoni, cercò strenuamente di difendere il figlio, Matteo Cagnoni, alla sbarra per l’uccisione della moglie Giulia Ballestri. Il gup di Ravenna, Janos Barlotti, ieri ha assolto Mario Cagnoni, 90 anni, dall’accusa di falsa testimonianza. Il giudice, diversamente dai colleghi dell’Assise che avevano rimesso gli atti al Pubblico ministero, ha ritenuto di applicare la causa di non punibilità prevista dal codice penale laddove questo dice che "non è punibile chi ha commesso il fatto per salvare sé medesimo o un prossimo congiunto". Tradotto, nella chiave dell’accusa, se avesse detto il vero avrebbe ulteriormente inguaiato il figlio, per il quale recentemente la Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo e sta scontando la pena nel carcere di Ferrara.

Mario Cagnoni, per il quale il Pm aveva chiesto un anno di condanna, era difeso dall’avvocato Giovanni Trombini, già primo difensore di Matteo Cagnoni. Ieri mattina, insomma, molti dei protagonisti erano gli stessi del processo di primo grado che si concluse nel giugno 2018. "Il professore è soddisfatto di questo esito processuale – commenta l’avvocato Trombini –, ma certamente la tragedia che lo ha colpito per quanto avvenuto all’interno della sua famiglia gli ha lasciato un dolore indelebile. Abbiamo sempre sostenuto che Mario Cagnoni non avesse reso falsa testimonianza, ad ogni modo attenderemo le motivazioni per capire in che modo sia stata applicata la scriminante della non punibilità".

Erano molteplici i passaggi che la Procura contestava a Mario Cagnoni, durante la testimonianza in aula resa il 2 febbraio 2018. Alcuni riguardavano i cuscini verdi macchiati del sangue della nuora portati da Matteo Cagnoni il pomeriggio del 16 settembre 2016 – giorno dell’omicidio – dalla villa ravennate di via Genocchi (teatro del delitto) a quella fiorentina dei genitori, e qui nascosti nella cantina: dai filmati si vede Mario Cagnoni affacciarsi in piena notte, mentre la polizia dava la caccia al figlio in fuga per le colline, a proprio dire per verificare che fossero stati ben riposti. Nel mirino anche una serie di telefonate, smentite dalle indagini, fra cui una che avrebbe ricevuto sul cellulare mentre era in auto col figlio di rientro da Bologna, dove avevano fatto visita all’avvocato quando ancora il corpo di Giulia non era stato trovato e non si sapeva dell’omicidio. Ne aveva invece negate un paio ricevute dal figlio da Ravenna, dove era tornato per ripulire la scena. Poi altre incongruenze come l’avere appreso dell’omicidio dalla polizia di Firenze, prima ancora che questa ne fosse messa al corrente dai colleghi di Ravenna. Oppure sui sacchi bianchi trasbordati dall’auto, pieni dei vestiti della vittima, di cui il genitore avrebbe ignorato il contenuto.

In precedenza si erano già risolte con archiviazioni altre due accuse che la Procura aveva rivolto all’anziano professore: il favoreggiamento e il concorso in occultamento di cadavere.

Lorenzo Priviato