"Avvocato nella Spagna di Franco E in città portai l’Autorità Portuale"

Pietro Baccarini, per 17 anni presidente della Camera di Commercio di Ravenna, è tra gli ideatori di Omc

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Le radici familiari, salde nel movimento popolare cattolico di inizio Novecento, ne hanno tracciato la strada politica; la professione del padre, avvocato, il cammino da percorrere per essere sempre economicamente autonomo; i viaggi, che a cominciare dagli anni Cinquanta lo hanno portato in ben 130 Paesi, hanno contribuito a costruirne la visione europea e internazionale nei numerosi ruoli istituzionali, locali e nazionali, ricoperti. A cominciare dalla presidenza della Camera di Commercio di Ravenna dove Pietro Baccarini, è rimasto per 17 anni nel corso dei quali prioritario è stato il fronte del porto: l’avvio degli scavi, la nascita dell’Autorità Portuale, l’organizzazione della prima Omc. Esponente di spicco della sinistra democristiana, Baccarini è stato di volta in volta nell’arco di 30 anni, sindaco, vicesindaco, assessore, a Faenza, avvocato di Amnesty nella Spagna di Franco, fondatore di due istituzioni camerali, Italo-Argentina e Italo-Bosniaca, conferenziere in Usa e tanto altro. Giornalista e scrittore, un premio Guidarello e tante onorificenze.

Lei ha respirato politica fin da piccolo…

"La politica è stata un elemento fondamentale per la mia famiglia. Soprattutto mia nonna materna Vittoria me ne ha fatto capire il valore. Lei era figlia di Carlo Zucchini, senatore del Regno d’Italia, promotore dell’associazionismo cattolico. Mi raccontava dei suoi incontri con Romolo Murri, con Giuseppe Donati. Ne rimasi contagiato…".

Tant’è che si iscrisse presto alla Dc...

"Presi la tessera a 18 anni, nel ’56, me la diede Fanfani. Ero il più giovane tesserato e iniziai subito l’attività politica tanto che nel ’60 fui nominato presidente provinciale dei Giovani Democristiani e come tale ero nel direttivo della Dc provinciale e lì conobbi le grandi personalità del momento: Zaccagnini, Castellucci, Cavalcoli".

Così giovane e già così impegnato...

"Un momento! Facevo anche altro, tennis, calcio e sci che ancora mi appassionano. A 18 anni me ne andai a Londra in Vespa; rimasi diversi mesi. Da allora non ho più smesso di viaggiare, per diletto, cultura e impegni istituzionali: a conti fatti, in 130 Paesi, anche oltre la cortina di ferro. E questo ha contribuito a formarmi una indispensabile visione cosmopolita. Sui tanti viaggi ho scritto quattro libri".

Spieghi...

"Quando ero giovanissimo tenevo i collegamenti con i genitori con le lettere e loro mi rispondevano fermo posta. Poi di ogni viaggio ho cominciato a tenere un diario e così in quattro volumi ho ricostruito incontri, emozioni, vicende, dal 1956 al 2019. Mi piace scrivere, soprattutto saggi di storia politica locale".

Mi dica dei suoi genitori...

"Mio padre, Ercole, era avvocato. Fu lui a fondare lo studio, a Faenza. Era figlio di agricoltori. La mamma, Elena Beltrami, era nipote di Carlo Zucchini. Diciamo che la mia strada professionale era segnata, diversamente dalle mie sorelle, e così dopo la maturità classica mi iscrissi a giurisprudenza e mi laureai nel ’62 con una tesi sul Trattato del Nord Atlantico del ’49 che ha dato vita alla Nato".

Al passaggio del fronte, lei aveva poco più di cinque anni. Cosa ricorda?

"Eravamo sfollati in Appennino, a Purocielo, poi iniziarono i rastrellamenti e le battaglie, allora ci trasferimmo a Valnera di San Martino in Gattara. Ricordo i lunghi trasferimenti a piedi sulle spalle di mio zio, l’avvocato Giuseppe Beltrani, immersi nel fango alle ginocchia!".

Torniamo alle sue attività. Parliamo della professione...

"Sono ormai 60 anni che faccio l’avvocato, sui fronti civile e penale. Negli anni Settanta ho difeso molti degli extraparlamentari di sinistra coinvolti in incidenti di piazza, poi sono stato parte civile nei processi per l’omicidio fascista a Faenza del 1973 e per la tragedia della Mecnavi. Come legale di Amnesty International, nel dicembre del ’73 fui mandato a Madrid assieme ad altri avvocati in qualità di osservatore al processo a nove sindacalisti accusati di attività sovversiva nella Spagna franchista: era in calendario il 20 e proprio quel giorno l’Eta fece l’attentato a Carrero Blanco".

Veniamo alla politica. Nel ’63 divenne segretario della Dc faentina e nel ‘64 fu eletto in consiglio comunale.

"Fui rieletto altre cinque volte, in tutto 30 anni, fino al ‘94. Nel ’65 divenni assessore alla cultura e presidente dell’allora Comitato Antifascista. E siccome ero già iscritto all’Ordine dei giornalisti fondai la rivista comunale ‘Faenza e mi Paes’ di cui fui direttore. Nel frattempo mi ero sposato con Ileana e fra il ’67 e il ‘69 nacquero Melania e Monica. In quegli anni poi frequentavo il gruppo di La Pira, a Firenze…".

Fondamentale per il consolidamento della corrente di sinistra della Dc...

"In cui da sempre mi muovevo. Fra il ’65 e il ’69 col gruppo di La Pira ogni estate andavo nei paesi del Patto di Varsavia a incontrare clandestinamente preti operai, vescovi in incognito...".

Poi diventò sindaco…

"Sì, nel ’74, ma prima, nel ’68, fu importante la carica di presidente del Movimento Europeo provinciale, allora l’idea di Europa unita stava muovendo i primi passi. Organizzai molte iniziative e ne scaturì l’attribuzione del Premio Europa a Faenza. Nel 1981 fui assessore all’urbanistica e vicesindaco con la giunta Boscherini. Nel 1986 venni nominato presidente della Camera di Commercio di Ravenna".

Un ente che all’epoca non era messo molto bene...

"Era ai minimi termini. Agii avendo come punto di riferimento quel personaggio indimenticabile che fu Luciano Cavalcoli, presidente negli anni Sessanta: la Camera di Commercio doveva tornare al centro della vita economica di città e provincia. Formai tavoli per affrontare crisi, problemi e sviluppare il settore industriale, aprii il primo sportello europeo in Italia, avviai l’informatizzazione e soprattutto mi impegnai sul fronte del porto".

La Camera di Commercio era peraltro in maggioranza nella Sapir…

"Proprio per questo dovevamo muoverci. Così ho ricapitalizzato la Sapir, portai a Ravenna i vari ministri del settore marittimo e, ricoprendo cariche nazionali in Unioncamere e nell’Associazione dei porti e delle Camere di commercio marittime, riuscii, lottando contro Genova e Venezia, a ottenere per Ravenna l’Autorità Portuale. E non dimentico la nascita di Omc, mentre in quegli anni sono anche iniziati i lavori di scavo nel Candiano".

Come nacque l’idea di Omc?

"Venne da una missione in Norvegia, a Stavanger: lì c’era una manifestazione del genere e al rientro a Ravenna lanciai l’idea. All’epoca come Camera di Commercio ero spesso in giro nei paesi petroliferi. E anche in Usa, dove tenevo conferenze. Per l’assiduità delle mie presenze, New Orleans e la Contea di Shelby, nel Tennessee, mi hanno dato la cittadinanza onoraria".

Sua l’idea delle Camere di Commercio Italo-Argentina e Italo-Bosniaca...

"Con l’Argentina avevo rapporti fin dal 1978 quando organizzai il viaggio per trecento faentini così che per la prima volta dal dopoguerra poterono andare a far visita ai loro parenti là emigrati e la creazione della Camera di Commercio Italo-Argentina fu la prima cosa cui pensai appena nominato al vertice camerale. Nel ’95, appena dopo gli accordi di Dayton andai a Sarajevo con la Protezione civile di Roberto Faccani, c’erano rovine ovunque. Nacque lì l’iniziativa della Camera Italo-Bosniaca".

Lei è stato anche tanto altro...

"Sì, decine di incarichi a livello nazionale negli organismi camerali, nel turismo, nell’Ice...".

Carlo Raggi