Ravenna, indagine ispettiva sul badante morto di covid

L’Inail dovrà depositare le verifiche in tribunale mentre l’Ausl dovrà esibire i risultati dei tamponi di lavoratore e familiari

Prime verifiche sui tamponi effettuati al lavoratore e ai suoi familiari

Prime verifiche sui tamponi effettuati al lavoratore e ai suoi familiari

Ravenna, 27 maggio 2022 - L’Ausl dovrà depositare l’esito di tutti i tamponi eseguiti sul badante morto di covid-19 e sui suoi familiari. E l’Inail, non appena sarà pronta, dovrà depositare l’indagine ispettiva in corso sul caso in questione.

Si è chiusa con due ordini di esibizione la prima udienza, ieri mattina, davanti al giudice del lavoro Dario Bernardi in merito al risarcimento da circa un milione e 200 mila euro chiesto dai familiari di un collaboratore domestico di origine straniera morto l’anno scorso a 68 anni all’ospedale di Ravenna per una polmonite da covid complicata da embolia.

A loro avviso, a contagiarlo era stato l’83enne ravennate per il quale lavorava: un infortunio sul lavoro tuttavia non riconosciuto come tale dall’Inail che già nella sua memoria di costituzione (avvocato Gianluca Mancini) aveva fatto presente come la domanda fosse già stata a suo tempo respinta alla luce di quanto delineato dal medico legale dell’istituto su trasmissione del virus, pandemia e incubazione.

Tra le altre cose era stato messo in risultato il fatto che il badante, a differenza dell’83enne, non si fosse vaccinato sebbene il vaccino fosse stato prescritto dal Governo a tutti i lavoratori. E fosse così andato incontro a un "rischio grave o elettivo" da lui "volontariamente scelto".

Secondo il ricorso dell’avvocato Marco Emiliani per conto dei familiari del defunto, è chiaro che il contagio fosse avvenuto proprio nell’abitazione dell’anziano nella quale il 68enne lavorava dal gennaio 2021 con contratto part time da 25 ore. Quindi dopo una settimana di ferie dal 23 al 28 agosto, il 30 era tornato risultando positivo il 3 settembre.

L’anziano era invece risultato positivo il primo settembre ma già dalla settimana precedente avrebbe manifestato febbre, mal di testa, stanchezza. Come dire che per i ricorrenti il tampone era stato fatto tardivamente. A riprova del lamentato contagio sul luogo di lavoro, sono state rappresentate altre circostanze: i familiari del 68enne non si erano mai contagiati e invece una badante che aveva lavorato in sua sostituzione durante la settimana di ferie, aveva restituito un tampone positivo. Da ultimo in quanto al defunto, godeva di buona salute fino al rientro al lavoro.

Da parte sua il datore di lavoro attraverso memoria di costituzione vergata dall’avvocato Valentina Campion, ha fatto presente di avere sempre rispettato le buone prassi per prevenire il contagio. Ampio risalto è stato inoltre dato ai metodi definiti "alternativi" con i quali il badante si sarebbe inizialmente curato: docce calde seguite da docce fredde, erbe medicinali e infusi. E poi aspirina per la febbre seguita da tachipirina, antibiotico e cortisone: farmaci che - sempre secondo la difesa - gli sarebbero stati forniti da suoi familiari. Non a caso l’assicurazione dell’anziano, tutelata dallo studio legale Effeffe & Partners. nella sua memoria ha messo in risalto posizioni no-vax manifestate attraverso Facebook da una familiare. La prossima udienza sarà a metà settembre.