Ravenna, bruciata l’auto di un avvocato del 'caso Ballardini'

Il 19enne agonizzante fu abbandonato dagli amici: il legale nel mirino difende uno dei giovani accusati

Matteo Ballardini (foto Scardovi)

Matteo Ballardini (foto Scardovi)

Ravenna, 10 settembre 2017 - Da qualsiasi lato la si guardi, la morte di un ragazzo di 19 anni è una tragedia. Matteo ‘Balla’ Ballardini non li aveva ancora compiuti quando, la notte dell’11 aprile scorso, era stato lasciato dai suoi amici agonizzante nella sua vettura, in sosta in un parcheggio di Lugo, a pochi chilometri da casa. Una morte lenta, durata ore, per «edema polmonare acuto», avrebbe poi accertato il medico legale lasciando dietro al suo referto un sospetto lancinante: se gli amici avessero chiamato il 118, forse il giovane sarebbe ancora qui a raccontarci di quella notte.

Ancora notte: questa volta tra il 30 e il 31 agosto. Siamo sotto lo studio-residenza di Pierluigi Barone, avvocato lughese che assiste uno dei quattro giovani presenti mentre il 19enne agonizzava, e perciò indagati per omissione di soccorso. Una gran fiammata si leva dalla sua Grand Cherokee: due ore di lavoro per i vigili del Fuoco e vettura completamente distrutta. Il giorno dopo, allo studio Barone arriva la telefonata di qualcuno che non vuole dire come si chiama. Una voce maschile che prima chiede alla segretaria di passargli il legale; e visto che lui in quel momento non c’è, rivendica quanto accaduto. E pronuncia un’esplicita minaccia che suona pressapoco così: «Dica all’avvocato che il suo assistito è un assassino e che l’auto è solo un avvertimento, perché poi ci saranno la casa e la professoressa», cioè la moglie.

È A QUESTO punto che le due notti, quella dell’11 aprile e quella del 30 agosto, si specchiano pericolosamente: l’assistito al quale l’anonimo ha fatto diretto riferimento, è infatti il giovane che Barone sta difendendo per la morte di ‘Balla’. E quella che è stata indicata come ‘la professoressa’, in passato era stata insegnante del 19enne. E non è finita qui: la mattina del 31 agosto un altro avvocato che difende un altro dei quattro giovani indagati, mentre sta andando nel suo studio che si trova a pochi metri da quello di Barone, realizza che manca la targa all’ingresso. Capisce che non è semplicemente caduta: che qualcuno insomma gliel’ha portata via visto che lì attorno proprio non c’è. E lì su due piedi non ci dà troppo peso. Finché le voci di paese gli portano la notizia del rogo che ha distrutto la vettura del collega: presto andrà in Questura per valutare se fissare le sue impressioni in una denuncia, così come ha già fatto il collega.

«UNA COSA è chiara: si è trattato di un incendio doloso. Sono demoralizzato – racconta con un filo di voce l’avvocato Barone – ho sempre fatto il mio lavoro in maniera corretta, e vede che è accaduto?». Ora ha cambiato radicalmente stile di vita: «L’altra auto la teniamo sempre in garage, abbiamo potenziato l’impianto di videosorveglianza e soprattutto mia moglie non esce mai da sola, ma è sempre accompagnata». E alla mente si affacciano episodi del recente passato letti alla luce del presente: «Avevo pure trovato una gomma bucata e più di recente ho subito un danneggiamento a una finestra. Lì per lì non ci avevo fatto caso, ma adesso è tutta un’altra cosa...».

Febbrile quanto discreto il lavoro della Procura per sciogliere i mille dubbi nati con la morte di ‘Balla’: dalle cause del decesso al nome di chi si è trasformato in giustiziere. In ogni modo, da qualsiasi lato la si guardi, la morte di un ragazzo di 19 anni è una tragedia.