Barricate in difesa del gas verso le rinnovabili

Sindacati e associazioni di categoria temono la chiusura delle estrazioni, mentre avanzano progetti per CO2, eolico, idrogeno, moto ondoso

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”Certamente , viste le assurde dichiarazioni del ministro Patuanelli in merito all’intenzione di bloccare definitivamente le estrazioni di gas sul territorio nazionale”. L’analisi della situazione economica ravennate di Cgil, Cisl, Uil, Confindustria, Roca, Federmanager, Cna, Confartigianato, Camera di Commercio – chi con toni più accesi, chi più diplomatici – mette al primo posto delle preoccupazioni per il 2021 lo stop definitivo alla produzione di gas italiano che ha, a Ravenna, la sua capitale italiana e con Omc (l’Offshore mediterranean conference) la sua proiezione internazionale.

Il paradosso è che il ministro Patuanelli annuncia lo stop al gas italiano (in totale assenza di un piano energetico nazionale) proprio nel momento in cui Ravenna rilancia alla grande il proprio ruolo nel campo energetico sull’onda della parola ‘transizione’, ovvero utilizzo del gas italiano per il periodo necessario per la messa a punto di impianti per l’energia da fonti rinnovabili.

A Ravenna si concentrano oggi progetti che abbracciano un ampio spettro dell’energia dei prossimi decenni. L’Eni – che qui ha il principale distretto energetico italiano per la produzione del gas – mette a punto la cattura e il riutilizzo della CO2 (Ccus) per ricavarne energia con un investimento di 2 miliardi, ma qui ha già sperimentato l’Istwec per l’impiego energetico del moto ondoso. Ci sono Saipem e la ravennate Qint’x che hanno progettato un campo eolico con 56 turbine su fondazioni fisse sul fondo del mare in due siti differenti, il primo oltre le 8 miglia nautiche; il secondo oltre le 12 miglia, con un investimento previsto di 600 milioni. Connessi a questi investimenti vi è, quindi, la produzione di idrogeno (blu e verde). Eni e Saipem hanno poi dato vita a una joint venture per la realizzazione di altri progetti legati alla CO2.

Se il Governo decretasse la fine dell’estrazione di gas italiano, tutto questo verrebbe meno. E, quindi, è evidente la forte preoccupazione che si respira in città, per un settore che tra assunti diretti e indotto fa lavorare almeno 10mila persone.

"L’opposizione all’utilizzo del nostro gas, sommata alle opposizioni ideologiche a pannelli e pale eoliche, in nome della tutela del paesaggio, hanno la stessa matrice populista che rifiuta di affrontare il tema energetico nella sua interezza e complessità di una transizione ineludibile e non banalizzabile" commenta il sindaco Michele de Pascale. Ravenna conferma che si può fare ricerca "grazie al rinnovato Centro ricerche di Marina di Ravenna e ai corsi di laurea legati all’offshore engineering e si candida come nuova frontiera dell’innovazione energetica come fece 70 anni fa con il metano. Sulla scia dell’Eni, sono cresciute aziende ravennati riconosciute in tutto il mondo per le loro capacità, in grado di dare un grande contributo sul fronte delle rinnovabili. Siamo la città dell’idrogeno blu e verde per alimentare i trasporti, abbiamo il Gnl, per il quale l’impianto è ormai terminato. È su questo rinnovato ruolo che dobbiamo puntare".

Lorenzo Tazzari