
Carabinieri, in alto, e Protezione civile, a sinistra, nei punti più critici dell’emergenza maltempo di questi ultimi giorni (foto Zani)
L’allerta rossa appena trascorsa ha registrato la tenuta degli argini dei quattro fiumi principali che attraversano il territorio della Bassa Romagna, nonostante onde di piena ben al di sopra della soglia rossa, soprattutto per quanto riguarda il Lamone. Una situazione prevista, ma non scontata, soprattutto perché si tratta di argini in gran parte indeboliti dalle rotture delle alluvioni e dalle ondate di piena che in questi due anni hanno imperversato. Nella notte tra il 16 e 17 maggio si ruppe l’argine del Santerno nelle vicinanze di Sant’Agata sul Santerno, inondando il 90% del comune. Lo stesso fiume ruppe anche a Ca’ di Lugo, Mordano e Bagnara di Romagna. Il Senio ruppe a Castel Bolognese e le sue acque arrivarono fino a inondare il centro di Lugo. Le acque provenienti dal Sillaro, che aveva rotto nell’Imolese, invasero Conselice. Il Lamone, dopo aver inondato Faenza, uscì anche nella zona industriale di Bagnacavallo. Tra il 18 e il 19 settembre 2024 in località Chiusaccia a Cotignola le acque del Senio invasero la campagna e parte della zona industriale fuoriuscendo dalla rottura dell’argine sinistro. Anche l’argine sinistro del Lamone collassò a Traversara a Bagnacavallo distruggendo parte dell’abitato e sfogandosi poi sui campi. Tutti i punti di rottura vennero riparati in urgenza nei giorni successivi agli eventi alluvionali.
Si è poi ragionato sui punti deboli delle aste fluviali, andandoli a individuare nei ponti che li attraversano, considerando che i piloni di sostegno di questi entrano spesso nell’alveo fluviale. In particolare sono i ponti ferroviari quelli accusati di essere maggiormente interferenti con il deflusso delle acque. Ne è un esempio quello nelle vicinanze di Sant’Agata sul Santerno il cui abbattimento è stato programmato e finanziato dalla Struttura commissariale per un costo di 6,1 milioni di euro. Lavori che dovrebbero prendere il via con la bella stagione e che vedranno l’arrivo di una super gru capace di sollevare l’intero manufatto, del peso di 200 tonnellate, per poi smaltirlo a terra. Un’operazione che dovrebbe durare circa 6 mesi. Si procederà anche alla rimozione dei piloni all’interno dell’alveo fluviale. Anche in questo caso, naturalmente, sono necessarie adeguate condizioni meteo. Gli interventi di consolidamento degli argini, indeboliti non solo dalle rotture, ma anche dall’opera di erosione conseguente alle piene, sono anch’essi soggetti alle variabili meteorologiche, con possibilità di lavori più cospicui durante la bella stagione. Si tratta di opere di miglioria rispetto alle condizioni precedenti o di riparazione riguardo a manufatti erosi o rotti, nulla a che vedere, però, con i piani strategici di cui si attendeva il varo già a settembre dello scorso anno, che dovrebbero prevedere le vasche di esondazione a monte della via Emilia, eventuali punti di rottura programmati, in pianura, per andare ad allagare i campi al posto dei centri abitati, e anche eventuali delocalizzazioni di case o aziende in zone difficilmente difendibili da piene sempre più grandi dovute alle condizioni climatiche mutate.
Matteo Bondi