Benzinai, oggi il 70% delle pompe chiuse "Stato e compagnie guadagnano, noi no"

La categoria incrocia le braccia fino a domani sera. Aperte le ’pompe bianche’ (gli ’indipendenti’) e quelle gestite direttamente dai colossi

Benzinai, oggi il 70% delle pompe chiuse  "Stato e compagnie guadagnano, noi no"

Benzinai, oggi il 70% delle pompe chiuse "Stato e compagnie guadagnano, noi no"

Non ci sono stime ufficiali, ma, anche nella nostra provincia, secondo i dati raccolti, l’adesione allo sciopero dei benzinai è nell’ordine del 70%. A tenere le pompe chiuse – comprese quelle del ‘self’ – sono i gestori. Chi tiene aperto, sono invece i titolari di ‘pompe bianche’ o i dipendenti delle stazioni ‘logo’. Sulla viabilità ordinaria, lo sciopero terminerà alle 19 di domani; in autostrada invece (aperta l’area Santerno Ovest, al chilometro 59 dell’A14, tra Imola e Faenza) si tornerà allo ‘status quo’ domani alle 22.

Chi non aderisce alla protesta (in particolare i ‘dipendenti’), non ha ovviamente troppa voglia di esporsi, rimettendo la decisione alla ‘casa madre’. Cristian Capelli, titolare del distributore Avia di via Romea, nonché presidente provinciale della Figisc di Confcommercio, ha invece sintetizzato: "Protestiamo contro la campagna diffamatoria nei confronti della categoria e contro gli inefficaci provvedimenti del Governo che continuano a penalizzare solo i gestori, senza tutelare i consumatori. Ma anche per scongiurare nuovi aumenti del prezzo dei carburanti". Alessio e Roberto Abis, titolari della stazione di servizio Esso di via Trieste e dell’impianto ‘self’, sempre Esso, di via delle ‘Industrie’ hanno le idee chiare: "Il 90% delle pompe bianche ha un dipendente, che viene stipendiato e dunque non ha un ‘rischio d’impresa’ come lo abbiamo noi, ovvero non acquista carburante e non lo rivende, e non ha tutti i vincoli contrattuali. Il nostro settore è profondamente in crisi. L’attenzione è su di noi e credo che i sindacati facciano bene a stimolare il Governo, perché siamo una categoria bistrattata e sottopagata. Siamo imprenditori senza poterlo essere. Noi gestori abbiamo un prezzo imposto dalla ‘casa madre’ e possiamo acquistare carburante solo da lei. Ci impongono il prezzo del ‘servito’ e del ‘self’, e abbiamo un guadagno irrisorio, che è di 3 centesimi al litro. È una quota fissa, a prescindere dal costo finale del carburante. Stato e compagnie petrolifere guadagnano invece in percentuale. Dunque, più è alto il costo della benzina, maggiore è l’incasso dello Stato e delle società petrolifere. Insomma avviene tutto sulla nostra pelle e sulla nostra faccia, perché poi, il cliente, discute con l’ultimo anello della catena, cioè noi. Ma noi non abbiamo potere".

Secondo Alessio e Roberto Abis, l’inizio dei problemi ha una data: "Dal momento della liberalizzazione dei prezzi si è andati sempre peggio. Finché i prezzi erano fissi e imposti dallo Stato, c’era la vera concorrenza. Si sceglieva il gestore per ‘simpatia’, servizio e qualità. Adesso non si sceglie più per competenza e servizio, ma solo in base al cartellone luminoso all’ingresso, che è una mezza fregatura, perché ti dice il prezzo più basso che puoi praticare, ma non ti dice cosa stai vendendo. Molte pompe bianche acquistano carburante all’estero, evadendo l’iva, potendosi permettere prezzi più bassi. Noi invece siamo costretti ad acquistare dalla nostra ‘casa madre’".

Poi c’è la novità dell’obbligo di esporre il ‘prezzo medio regionale’: "La questione del prezzo medio regionale è quella che ha fatto traboccare il vaso. Crediamo sia anche il pretesto per spostare verso di noi l’attenzione. È una novità che troviamo ridicola. Aggiungere un altro cartello, ingenera solo una grande confusione. La cifra che comparirà su quel cartello, sarà tuttavia falsata anche dai prezzi praticati dalle ‘pompe bianche’".

Roberto Romin