Beppe Rossi e un viaggio lungo mezzo secolo

Il suo ultimo libro è ‘50 anni in Comune. Ravenna, 19702020’, dove si pone come osservatore esterno della sua città. Guardando lontano

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"L’identità di un territorio si realizza con un processo lento di costruzione a cui contribuisce sicuramente lo sviluppo economico che non può prescindere dall’elemento culturale che, a sua volta, traccia un vero e proprio solco in cui crescono molteplici cose". Inizia con queste parole il saggio scritto da Beppe Rossi per il libro ‘50 anni in Comune. Ravenna, 19702020’, edito da Minerva, che porta la sua firma come autore.

Il volume si apre con la prefazione di Roberto Balzani, l’introduzione di Dante Bolognesi. Vi sono, quindi, i saggi dei sindaci viventi (Aristide Canosani, Giordano Angelini, Vidmer Mercatali, Michele de Pascale) e quello di Alvaro Ancisi, a suo modo “sindaco” dell’opposizione presente in Consiglio comunale dal 1966. Alcuni, come scrive Balzani nella prefazione, usano una chiave più descrittiva, che si sforza di inserire la propria esperienza in un contesto più vasto; altri sono più attratti dall’idea del rendiconto, della sintesi operativa. Ma questo non incide nell’obiettivo che Rossi si è dato con questa pubblicazione. Dopo aver vissuto da protagonista cinquant’anni di storia ravennate e frequentato i primi cittadini che hanno governato in quei decenni, si pone quasi come un osservatore esterno e dà una chiave di lettura di quel mezzo secolo in cui l’elemento dominante è la continuità. E allora anche l’espressione “in Comune” può essere letta sia come riferita all’amministrazione comunale sia come un periodo in cui si è lavorato insieme. Insieme per cosa: per dare una identità culturale a Ravenna, adeguata alla sua gloria antica e alle sue potenzialità economiche. Perché questa è la sua vocazione, e il filo conduttore del lavoro di Beppe Rossi sta qui.

Il capitolo che porta la sua firma si intitola “Ravenna in cultura, viaggio nell’eterna bellezza” e si apre con un elenco di protagonisti: da Riccardo Muti a Mario Salvagiani a Cristina Mazzavillani Muti; da Ennio Dirani a Donatino Domini a Dante Bolognesi; da Andrea Emiliani ad Antonio Carile; da Giulio Guberti a Marcello Landi; da Paola Patuelli a Elsa Signorino; e Pericle Stoppa. A seguire, le pagine che Rossi dedica alla storia delle manifestazioni musicali e teatrali, al mosaico, all’industria culturale, all’associazionismo e a Ravenna, la città di Dante. Una lettura che rinnova la memoria di chi ha vissuto quella storia e dà ai giovani il senso delle nostre radici. Rossi non fa cenno al dibattito culturale, anche vivace, che ha caratterizzato gli anni dal 1970 al 2020. Punta a fare emergere che il patrimonio artistico e culturale è fra le cose più preziose che abbiamo, che Ravenna può essere una capitale della cultura come quando in passato artisti e poeti trovavano in lei un ospite generoso che permetteva loro di esprimere la propria creatività.

lo. tazz.