REDAZIONE RAVENNA

Cade la terribile accusa. Abusi sulla figlia della compagna, assolto in appello dopo condanna

La ragazzina si era prima confidata con un’amica e poi con il padre che aveva fatto denuncia. In primo grado inflitti tre anni. Ma per la difesa tutto era nato dalla difficoltà di accettare la separazione.

Cade la terribile accusa. Abusi sulla figlia della compagna, assolto in appello dopo condanna

Durante un soggiorno all’estero, in lacrime si era prima confidata con un’amica. E poi lo aveva raccontato anche al padre il quale aveva quindi fatto denuncia. La ragazzina aveva in particolare spiegato che tempo addietro, quando lei aveva 11 anni, mentre si trovava nel letto in dormiveglia, era stata abusata dal patrigno, anche se non lo aveva visto in faccia. Una ricostruzione ritenuta credibile dal tribunale di Ravenna che a metà gennaio 2020, al termine del rito abbreviato, aveva condannato l’uomo - un ultracinquantenne incensurato - a tre anni di reclusione. La corte d’appello di Bologna, come chiesto dalla difesa (avvocato Francesco Papiani), ha ora riformato la sentenza assolvendo l’uomo "perché il fatto non sussiste". Motivazioni entro 90 giorni.

Da parte sua l’imputato a suo tempo davanti agli inquirenti aveva negato tutto e aveva sostenuto che se la madre della ragazzina si fosse accorta anche solo di qualcosa di vagamente storto, gli avrebbe impedito di frequentare quell’abitazione. E invece erano rimasti assieme pure dopo la denuncia dell’ex marito. La minore invece, sentita in incidente probatorio, aveva confermato pur rivedendo diversi elementi.

Proprio questi cambiamenti di versione, hanno in parte alimentato l’appello della difesa per quella che è stata tratteggiata come manifesta incoerenza della giovane sorta dalla gelosia che provava verso la madre e dalla incapacità di accettare relazioni con uomini che non fossero il padre. La mamma del resto, come attestato anche nelle motivazioni della condanna di primo grado, aveva "chiaramente dimostrato di non avere creduto alla figlia: lo ha detto nel corso" delle testimonianze e "lo ha ribadito con i comportamenti" continuando, "nonostante tutto, a frequentare" l’uomo.

La figlia allora aveva "sbottato, contestando alla madre la prosecuzione di una frequentazione che la faceva soffrire: riteneva intollerabile che la madre proseguisse una relazione con un uomo che l’anno prima aveva abusato di lei". E ne aveva sottolineato comportamenti a suo dire ambigui: come quando "entrava in bagno" e restava anche durante la doccia "a dispetto delle vivaci proteste". Oppure quando si era offerto di "fare le coccole al posto di sua madre" approfittando, a suo dire, per allungare le mani. Fino all’episodio principale: lei stesa su un fianco nel letto in una stanza al buio: e un uomo che le si avvicina da dietro per abusarla.

La madre l’aveva pure accompagnata dalla ginecologa ma senza riscontri. Secondo quanto rappresentato nel ricorso dalla difesa, gli "aspetti di criticità e fragilità emotiva" della giovane davanti alla separazione dei genitori, non erano stati "approfonditi né valutati". Ma soprattutto c’è l’atteggiamento della mamma la quale non le aveva creduto: "Una madre è sempre una madre: e come tale, conosce meglio di tutti la personalità di una figlia".

Andrea Colombari