REDAZIONE RAVENNA

Caduta nella boutique. Un perito e 4 consulenti per fare luce sulla morte della gioielliera Ancarani

Era deceduta dopo essere scivolata sulle scale di un negozio. Tre gli indagati. Al setaccio gradini, corrimano e norme di settore.

Caduta nella boutique. Un perito e 4 consulenti per fare luce sulla morte della gioielliera Ancarani

Un perito nominato dal tribunale. E quattro consulenti individuati dalle parti: cioè i tre indagati e la sorella della defunta. È ripartito da qui nel primo pomeriggio di ieri il caso legato alla morte di Maria Antonietta Ancarani, le celebre gioielliera ravennate deceduta il 24 novembre 2022 in ospedale a 76 anni in seguito a una brutta caduta verificatasi sei giorni prima all’interno della boutique Gaudenzi di via Diaz.

Secondo il pm Stefano Stargiotti, il fascicolo al momento va inquadrato come omicidio colposo in cooperazione. Da qui l’iscrizione sul registro degli indagati, alla vigilia della richiesta dell’incidente probatorio, del legale rappresentante della srl di Cattolica conduttrice dell’immobile; del responsabile della spa di Grosseto proprietaria dell’immobile; e del ravennate direttore dei lavori di manutenzione straordinaria della struttura.

Gli indagati, difesi dagli avvocati Piero Venturi, Alessandro Antichi, Marco Guerra ed Enrico Crocetti Bernardi, hanno individuato quali loro esperti di riferimento, il perito industriale Massimo De Paoli, il geometra Daniele Ugolini e l’ingegner Bruno Piemontese. La parte offesa - la sorella della 76enne, tutelata dall’avvocato Giuseppe Della Casa - ha confermato lo stesso consulente (l’ingegnere Roberto Cecchi) che, attraverso un’analisi di parte, aveva individuato le possibili aree sulle quali concentrare le indagini. Il gip Andrea Galanti ha da ultimo conferito l’incarico all’ingegnere Giovanna Pondini: operazioni al via il 23 settembre; 90 giorni di tempo per depositare le conclusioni e poi tutti di nuovo davanti al gip a metà febbraio 2025.

Quello che sin qui sappiamo anche anche in seguito al sopralluogo della questura (squadra Mobile e polizia Scientifica), è che la 76enne stava partecipando a un evento pubblicitario quando, scendendo per le scale che separano il ballatoio dal piano terra, era improvvisamente caduta rimediando un trauma cranico che non le aveva lasciato scampo. Per questa ragione, il perito, su esplicita richiesta del gip, dovrà verificare se nella scala in questione fossero presenti dispositivi antinfortunistici. E, nel caso, se avessero visibilità e forma previste dalle norme di settore. Tra gli elementi espressamente indicati dal giudice come area di vaglio, figurano corrimano, materiali antiscivolo, altezza e colore dei gradini: l’esperta dovrà dirci se e in che modo abbiano determinato la caduta della defunta.

L’ingegner Cecchi, anche sulla base del referto dell’ospedale Bufalini di Cesena e della consulenza del medico legale Matteo Tudini incaricato dal pm, aveva già stilato un minuzioso resoconto tecnico dell’accaduto. L’analisi in questione sostiene che la morte della Ancarani è da da attribuirsi al trauma cranico rimediato nella caduta: esiste quello che i giuristi chiamano ’nesso causale’. In particolare secondo gli schemi proposti nella relazione della parte offesa, era successo questo: la signora si era avvicinata alla scala e probabilmente non si era resa conto della presenza del primo gradino: di conseguenza non aveva trovato la superficie di appoggio per il piede. E dato che non c’era un corrimano, non aveva avuto nemmeno un punto a cui aggrapparsi per evitare il peggio. All’incidente avrebbe contribuito pure una questione cromatica: ovvero pareti laterali, pianerottolo e gradini erano di colorazione uniforme e ciò aveva probabilmente indotto la gioielliera in ulteriore errore.

Da ultimo al risultato finale potevano avere contribuito pure il riflesso della luce dalla vetrina luminosa e l’assenza di segnali di pericolo in relazione alla presenza della scala. Per certo la signora aveva cominciato a cadere ruotando con il corpo fino a sbattere la testa per perdere la vita dopo sei giorni di agonia nel contesto di un caso che al momento per l’accusa presenta più dubbi che certezza.

Andrea Colombari