Caffè al veleno, l'ex marito resta in carcere. Il giudice: "Ha mentito"

La decisione del gip Janos Barlotti per il cuoco ultra-quarantenne, accusato di aver avvelenato a Faenza l'ex moglie con farmaci nel caffè

Il procuratore Barberini e il pm D’Aniello

Il procuratore Barberini e il pm D’Aniello

Faenza (Ravenna), 3 ottobre 2021 - Gli indizi sono gravi, le sue dichiarazioni non sono state ritenute attendibili ed esiste il pericolo di reiterazione del reato (video). In sintesi sono queste le ragioni che hanno spinto il gip Janos Barlotti ad applicare un’ordinanza di custodia cautelare in carcere al cuoco ultra-quarantenne bloccato all’alba di venerdì, a Faenza, dai carabinieri, con laccusa di avere provato ad avvelenare la ex moglie con farmaci versati di nascosto nel caffè.

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Il giudice, pur non convalidando il fermo per la mancanza del requisito (il pericolo di fuga), ha applicato la misura cautelare anche per gli altri due reati contestati: la violenza sessuale aggravata e i maltrattamenti in famiglia. La difesa – avvocati Carlo Benini e Renato Conte – si è riservata di chiedere la revoca della misura in sede di Riesame.

Intanto sul fronte investigativo i prossimi accertamenti riguarderanno la natura dei farmaci utilizzati dall’indagato: ovvero non solo quello anticoagulante che faceva parte di una terapia seguita dalla donna, ma pure un farmaco vasodilatatore usato nelle patologie cardiache – il Carvasin – nella disponibilità dell’uomo e il cui effetto di segno opposto rispetto al primo avrebbe potuto dare esiti devastanti sulla donna.

L’indagine , coordinata dal pm Cristina D’Aniello, era partita una ventina di giorni fa quando la donna aveva maturato i primi sospetti per via dello strano sapore del caffè e delle insolite premure dell’ex marito il quale, dopo un periodo burrascoso, aveva preso a insistere per prepararle la bevanda. Le telecamere nascoste dai carabinieri del nucleo Investigativo, avevano immortalato l’uomo mentre sminuzzava pasticche per aggiungerle al caffè.

Dai racconti della donna è inoltre emerso che l’ex, da cui si era separata ma che spesso frequentava la sua abitazione, la obbligava ad avere rapporti sessuali minacciandola, in caso contrario, di farle venire meno la i 300 euro di mantenimento mensile. A riscontro, sono emerse due circostanze delle quali la donna aveva parlato con la sua psicologa e per le quali il suo medico curante l’aveva messa in guardia per via della pericolosità della scelta per la propria incolumità fisica: un paio di interruzioni volontarie di gravidanza molto ravvicinate e legate al fatto che la fecondazione fosse avvenuta tramite violenze a suo dire subite dell’ex.

La donna ha pure riferito di un dissidio familiare al termine del quale lui l’avrebbe afferrata per il collo stringendo la presa fino a sentire che le veniva meno il fiato. L’uomo ha invece riferito che con le pasticche voleva solo tranquillizzare la ex per indurla a seguire la terapia giusta. In una circostanza avrebbe lui stesso bevuto il caffè con il farmaco dentro perché lei, a causa del sapore sgradevole, lo aveva rifiutato.

Per il resto, ha assicurato di non avere mai alzato le mani, ma al massimo solo la voce, e di non avere mai preteso rapporti sessuali dalla donna.