Cagnoni, dissequestrati i beni del medico

La Corte d’assise ha accolto l’istanza della difesa del dermatologo 56enne condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri

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Su istanza della difesa, la corte d’assise, presieduta dal giudice Michele Leoni, ieri ha disposto il dissequestro dei beni del dermatologo 56enne Matteo Cagnoni condannato all’ergastolo in via definitiva per l’omicidio della moglie, la 39enne Giulia Ballestri massacrata il 16 settembre del 2016 dentro alla villa di famiglia da tempo disabitata di via Padre Genocchi. La richiesta era stata avanzata dall’avvocato Gabriele Bordoni in ragione dell’accordo risarcitorio arrivato a metà gennaio scorso pure attraverso la mediazione del padre del 56enne – il 90enne Mario Cagnoni già primario del Careggi di Firenze – per un totale di circa 4 milioni di euro. Ovvero una cifra che rispecchiava il valore del sequestro conservativo dei beni dell’imputato emesso dalla corte d’assise con apposita ordinanza del 6 marzo 2019 in accoglimento della specifica istanza dell’avvocato Giovanni Scudellari parte civile nel processo per conto dei genitori Franco e Rossana della defunta e del fratello Guido, quest’ultimo sia in proprio che in qualità di tutore dei tre figli minorenni della coppia. I giudici in particolare in quel momento avevano riconosciuto la "fondatezza della pretesa risarcitoria" in ragione di un "pericolo di insufficienza delle risorse patrimoniali dell’imputato sulle quali soddisfare le obbligazioni nascenti dal reato". Vale a dire le provvisionali esecutive, rese note alla lettura della sentenza di primo grado del 22 giugno 2018, pari a 500 mila euro per i genitori di Giulia; 150 mila per il fratello; e tre milioni per i tre figli. Il risarcimento aveva riguardato anche le altre parti civili costituite: il Comune di Ravenna e tre associazioni che tutelano donne e minori.

I beni dissequestrati saranno ora restituiti al tutore patrimoniale del 56enne il quale si trova in carcere a Ferrara. La lista comprende la nuda proprietà della metà delle ville di Marina Romea, Cortina d’Ampezzo e Castagneto Carducci e dell’ambulatorio di via Cattaneo 36, la piena proprietà di un altro studio medico al civico 40 e della residenza ravennate della coppia in via Giordano Bruno. Per quanto riguarda l’imputato, la Cassazione, attraverso le motivazioni depositate circa un mese fa, ha escluso ogni possibilità di vaglio psichiatrico: "La preparazione dell’azione omicida, la sua esecuzione e la condotta sono incompatibili con lo stato di seminfermità – si legge nel documento –: al di là dell’evidente concitazione e imperfezione nell’operare, denotano una chiara lucidità di azione". A conti fatti, "non esiste elemento a sostegno di una psicopatia".

Andrea Colombari