Ravenna, omicidio Ballestri, il bastone con cui è stata uccisa Giulia

Contro Cagnoni spuntano nuove prove

Ravenna, omicidio Ballestri, il bastone con cui è stata uccisa Giulia

Ravenna, omicidio Ballestri, il bastone con cui è stata uccisa Giulia

Ravenna, 26 maggio 2017 - Dovrà rispondere di omicidio pluriaggravato da premeditazione, crudeltà e dall’avere agito nei confronti del coniuge. E poi dell’occultamento del cadavere della donna nella cantina della villa dove era stato commesso il delitto. Perché è questo che la Procura di Ravenna, attraverso un’articolata richiesta di rinvio a giudizio depositata ieri, ha contestato a Matteo Cagnoni, il dermatologo ravennate di 52 anni in carcere dal 19 settembre scorso, giorno del fermo a Firenze nei pressi della villa paterna, con l’accusa di avere ucciso tre giorni prima a bastonate in una villa di famiglia di Ravenna la moglie 39enne Giulia Ballestri

Tre pagine che condensano 12 faldoni di indagini attraverso le quali i pm Alessandro Mancini e Cristina D’Aniello hanno descritto passo a passo gli ultimi istanti di vita della donna. A partire dal pretesto usato dal marito per attirarla in quella villa del centro di Ravenna da tempo disabitata: fotografare alcuni dipinti accatastati sul ballatoio del primo piano. Ed è lì che per i pm lui ha menato i primi colpi in maniera così forte da lasciare tracce evidenti pure sui dipinti. Poi ha trascinato giù per la scale la donna in quel momento ancora cosciente; l’ha colpita di nuovo e l’ha portata nel seminterrato. Una volta qui, le ha sbattuto la testa contro lo spigolo della parete con una violenza tale da staccare un pezzo di intonaco. Infine l’ha denudata lasciandola agonizzante al buio per alcune decine di minuti prima che morisse per una gravissima insufficienza cardio-respiratoria.

Modalità quelle descritte dall’accusa che hanno portato a contestare la crudeltà. Cagnoni dovrà fare i conti anche con una seconda aggravante potenzialmente da ergastolo: la premeditazione, dedotta in particolare da due elementi. Ovvero sin dal 14 settembre il 52enne aveva dato disposizione alla segreteria della clinica di Bologna dove prestava attività ambulatoriale, di annullare tutti gli appuntamenti per il 16, giorno del delitto. Inoltre si era procurato preventivamente dal garage di un altro appartamento di Ravenna sia il ramo di 55 centimetri e del diametro di 6 con cui avrebbe ucciso la moglie che la tanica di acqua distillata con cui avrebbe poi cercato grossolanamente di ripulire la scena del crimine.

Verso la premeditazione infine pure il paio di Timberland che avrebbe calzato mentre sferrava i colpi mortali: per l’accusa, portate appositamente con sé visto che quel giorno lui indossava un paio di Hogan. Particolare questo dedotto anche grazie ai filmati delle telecamere di sorveglianza della pasticceria ravennate nella quale i due coniugi avevano fatto colazione la mattina del delitto. In quelle stesse immagini peraltro si vede la 39enne indossare una borsetta chiara. Un modello del tutto analogo a quello che Cagnoni, con atteggiamento guardingo, all’arrivo alla villa paterna di Firenze aveva tolto dalla sua auto per portarlo verso una siepe che costeggia l’edificio. Un particolare finora inedito, scovato a suo tempo dalla polizia esaminando le telecamere di sicurezza della villa fiorentina ed emerso solo ora dai documenti messi a disposizione delle parti. La borsa della vittima non è mai stata ritrovata, così come abiti, scarpe e cellulare.

Ma c'è un altro elemento inedito uscito ora dalle carte: un’intercettazione telefonica della madre del 52enne a cinque settimane dal delitto. «Diciamo che l’ha fatta grossa – dice la donna a un’amica – ma ha avuto un trauma talmente grosso lui per la distruzione della sua famiglia che non c’ha visto più...». Un’affermazione che va esattamente verso il movente tratteggiato dalla Procura: la ritorsione per l’intenzione della 39enne di separarsi a causa della perdurante crisi matrimoniale culminata in un’altra relazione che andava avanti da mesi.