Sono oltre settecento, secondo un censimento dell’Università di Bologna, i capanni da pesca nei fiumi e canali lungo la fascia costiera che va da Rimini al Po di Volano e la stragrande maggioranza, 500, sono nel Ravennate: un patrimonio non solo e non tanto per il tempo libero, ma soprattutto espressione di una cultura della tradizione, della storia delle comunità ravennati che viene da lontano, ben oltre un secolo fa. Un patrimonio però che, in buona parte, sta vivendo sotto la spada di Damocle dell’abbattimento perché non a norma con la normativa regionale. Una normativa che va ad incidere soprattutto sulle centinaia di capanni che sorgono lungo i Fiumi Uniti: la legge regionale (cui si aggiunge la disciplina comunale) impone infatti paletti nessuno dei quali è attualmente soddisfatto.
Molteplici sono i tavoli di confronto con gli organismi competenti in cui è parte primaria l’Asso.Pesca, l’associazione regionale con sede a Ravenna di cui è diventato recentemente presidente Fabio Baldini, che ha dedicato 40 anni alla sicurezza della città, essendo stato fra le punte di diamante della Digos e della Squadra Mobile e che, una volta a riposo, ha ereditato dal padre la passione per il capanno e ora sta lavorando non solo per fornire scenari meno pesanti per gli associati (complessivamente ben 2.800), ma anche per organizzare i capanni (ovviamente su base volontaria) come piccole comunità di solidarietà e socialità per le persone anziane e sole e anche in ‘luoghi d’arte’ in cui artisti lasceranno proprie opere secondo un percorso in via di definizione.
"Per quanto riguarda il rapporto fra capanni esistenti e normativa, puntiamo molto – dice Baldini – su un disegno di legge di iniziativa parlamentare attualmente all’esame dell’ottava Commissione del Senato relativo alla ‘tutela e salvaguardia dei manufatti e delle macchine per la pesca tradizionali esistenti nel demanio marittimo, lacuale e fluviale’. Relatore è la senatrice brisighellese Marta Farolfi e recentemente io e l’avvocato Cristina Amadori, che è vicepresidente della Cofuse, la cooperativa che raggruppa i capannisti dei Fiumi Uniti, siamo stati auditi dalla Commissione e abbiamo spiegato quali siano i problemi e le nostre aspettative".
"In Italia il fenomeno dei capanni da pesca riguarda soprattutto la nostra area litorale, poi un po’ il Veneto, Parma e la zona di Roma dove peraltro è stato diffuso dai ravennati là emigrati. Noi ci auguriamo che si arrivi a una cornice normativa nazionale che superi il Regio decreto del 1904 cui tuttora fa riferimento la legislazione regionale". Quel decreto sulla base del quale i capannisti dei Fiumi Uniti si sono visti notificare la comunicazione secondo cui i capanni vanno abbattuti.
"Quel Regio Decreto impone che il piede della costruzione debba distare dieci metri dal piede arginale, distanza che nessun capanno soddisfa. Il fatto è che questo provvedimento è stato rispolverato da non molti anni e non si fa differenza fra i capanni ante e post 1987, quando cioè fu emanata la legge Galasso. Ma non c’è solo questo aspetto: il Comune ha imposto da tempo, per motivi di sicurezza idraulica, che i capanni siano tutti su palafitta e non a terra. Quelli dei Fiumi Uniti sono invece tutti a terra. Sono quindi ritenuti doppiamente illegittimi e quindi da tutti da rifare, ma i titolari sono in gran parte pensionati, i costi sarebbero insostenibili".
Ancora: "Il fatto è che ci sono studi, fra cui uno dell’ingegnere Brath per conto del Comune, che esclude rischi idraulici per quei capanni. I capannisti peraltro si stanno organizzando con palizzate con pali di legno a protezione dell’argine dalle erosioni.Su questi ultimi aspetti, con il Comune fortunatamente c’è confronto".
Nel senso che "ad esempio è stato permesso il ripristino delle attrezzature di pesca che le ultime piene hanno devastato". Negli altri corsi d’acqua com’ è la situazione? Questa la risposta di Baldini: "Estremamente variegata. Nel Lamone i capanni sono a palafitta, quindi in regola, ma il rilascio delle concessioni procede con estremo rilento; nel Savio pure sono su palafitta, ma c’è un tratto in cui gli argini sono stati rialzati e i capanni si trovano ora a terra. Nel Bevano pure sono su palafitta, ma è probabile un monitoraggio a breve, nel Destra Reno la competenza è del Consorzio di Bonifica di Lugo, nei canali di Cervia la competenza è del Comune e lì c’è il problema dell’interramento…poi i capanni nelle piallasse, con altre disposizioni". L’associazione Assopesca ha contatti anche con Università e Rsa: "Sì, con il professor Olivero Mordenti, della sede di Cesenatico. Grazie ai capanni sui Fiumi Uniti sta monitorando la diversificazione della fauna ittica a causa del cambiamento climatico. Per le Rsa abbiamo prospettato la possibilità di utilizzare i capanni come luoghi per far trascorre qualche ora en plain air ai loro ospiti e poi stiamo organizzando per il prossimo anno un’iniziativa che coinvolgerà artisti della scuola di Bonito Oliva che produrranno loro opere all’interno dei capanni che loro sceglieranno".