"Caso Poggiali, va rispettato il principio di ragionevole durata del processo"

Gli avvocati intervengono dopo il ricorso in Cassazione della Procura Generale "Già assolta tre volte"

"A volte ci sono incubi che sembrano immuni da qualsiasi pacificante risveglio". Inizia così la nota inviata dalla Camera Penale di Bologna sulla vicenda processuale dell’ex infermiera Daniela Poggiali. "Sembra proprio questa la condizione in cui si trova, ormai da anni – affermano gli avvocati dell’associazione – accusata di omicidio, che sarebbe stato commesso ai danni di anziani che lei stessa aveva in cura quale infermiera. Una vicenda che ha trovato già diversi esiti processuali con tre diverse sentenze assolutorie emesse dalla Corte di Assise di Appello di Bologna, che però, a quanto pare, non saranno sufficienti a mettere fine a un processo durato diversi anni, avendo appreso di un ennesimo ricorso in Cassazione preannunciato da parte della Procura Generale. Dopo l’ultima sentenza, emessa pochi mesi fa, con la più ampia formula assolutoria per l’insussistenza dei fatti, la signora Poggiali avrà pensato di essersi finalmente ridestata da quell’ incubo in cui era scivolata nel lontano 2014. Un incubo processuale inesorabilmente accompagnato da una brutale gogna mediatica".

Per la Camera penale "questa è la drammatica realtà che segna ormai troppe vicende di cronaca" e "ovviamente senza ristori o scuse se si scopre che il ’mostro’ è innocente".

E "se al popolo difficilmente può chiedersi di prendere atto che la “verità” la si costruisce nell’ambito di un giusto processo", prosegue la Camera Penale, "questo lo si può, e lo si deve, chiedere a chi si proclama, quotidianamente, custode e tutore della ’cultura della giurisdizione’. Cultura della giurisdizione significa ossequiare il principio del ragionevole dubbio, che al cospetto di tre sentenze assolutorie, emesse da ben 18 giudici, dovrebbe imporre una presa di coscienza che rifugga da personali convincimenti e che si affranchi da logiche di vittoria eo di sconfitta, che non possono appartenere a una parte pubblica". E poi "cultura della giurisdizione significa rispetto per il principio di ragionevole durata del processo. Per la Pubblica accusa questo principio non può non essere declinato senza considerare l’esposizione dell’imputato al rischio di un processo sine die, tanto più quando esso è accompagnato da una gogna mediatica che ha già fatto a pezzi la dignità di questa donna".