Castel Bolognese, dall’ex ospedale alla nuova Casa della Comunità

A trent’anni dalla chiusura e riconversione che suscitò tante polemiche negli anni ’90, il fabbricato è destinato, nei progetti della Regione, a ospitare nuovamente attività sanitarie di livello.

Castel Bolognese, dall’ex ospedale  alla nuova Casa della Comunità

Castel Bolognese, dall’ex ospedale alla nuova Casa della Comunità

‘Cives civibus’: l’eleganza e la sintesi del latino non hanno pari. ‘I cittadini ai cittadini’ è l’epigrafe sotto il frontone del timpano: un ospedale, quello di Castel Bolognese, costruito per i castellani grazie a due illustri cittadini benefattori, Giovanni Damasco e Silvestro Camerini: era il 13 agosto 1813 quando l’ospedale, opera dell’architetto castellano Giovanni Antonio Antolini venne inaugurato. E adesso, a 30 anni dalla sua chiusura e riconversione che tante polemiche negli anni ’90 suscitò, il fabbricato è destinato, nei progetti della Regione, ad ospitare nuovamente attività sanitarie di livello. Non tornerà ad essere ospedale, ovviamente, ma sarà Casa della Comunità al servizio di un bacino di utenza di 22mila cittadini, tutti della vallata del Senio.

Il rinnovato interesse attorno alla struttura dell’ospedale castellano offre lo spunto per una rivisitazione della sua storia degli ultimi 70 anni, a partire dal momento più buio di Castel Bolognese, i quattro e passa mesi, a cominciare dal primo dicembre 1944 in cui il fronte era fermo sul Senio e il paese era occupato dalle truppe tedesche. L’ospedale, requisito, come si legge in un documento della giunta comunale del 4 giugno 1945, "dalla soldataglia tedesca che lo trasformò in ridotto e ne fece saltare deliberatamente una parte", fu per 120 giorni continuamente bersagliato dai tiri dell’artiglieria alleata. Ecco, in quel gioiello di ospedale descritto all’epoca ‘fra i più belli della Romagna’, nei mesi del fronte e sotto le bombe operò Carlo Bassi, medico condotto, primario chirurgo, direttore e commissario della struttura. Per le prime settimane gli interventi chirurgici e la cura dei feriti vennero effettuati nella sala operatoria al piano terra, ma poi, per motivi di sicurezza, le attrezzature furono spostate nelle cantine, umide e prive di igiene. Un impegno che Bassi condusse nonostante la malattia non curabile che lo portò a morte poco dopo la liberazione del paese. Per questo l’allora sindaco, nominato dalle Autorità alleate, Tommaso Morini, nella seduta di giunta del 4 giugno 1949 propose di insignire Bassi della medaglia d’oro al valor civile alla memoria. Nella memoria dei castellani di quel tempo l’ospedale di via Roma rimase indissolubilmente legata all’eroismo del primario chirurgo (e anche di un altro medico, Amos Bargero, a capo delle squadre di volontari di soccorso) e fu per questo che, quando a fine anni Settanta si cominciò a parlare di chiusura della struttura, le reazioni furono di estrema avversione. I lavori di ricostruzione delle strutture (accanto al fabbricato dell’ospedale, fin dal 1863 era stato costruito un corpo adibito ad ospizio) distrutte dalla guerra poterono iniziarono non prima del 1946 e si conclusero nel 1950. Negli anni successivi, per iniziativa delle Opere Pie di Castel Bolognese, l’ente che all’epoca gestiva l’ospedale e di cui era stato presidente lo stesso Tommaso Morini una volta cessata la carica di sindaco, furono effettuati interventi di ammodernamento e il 6 dicembre 1959 ci fu l’inaugurazione ufficiale alla presenza del Ministro del Lavoro Benigno Zaccagnini (già comandante partigiano con il nome di Tommaso Moro e operativo proprio lungo la via Emilia); inaugurazione che peraltro avvenne all’indomani della disastrosa rotta del Senio a Biancanigo con conseguente allagamento del paese. Da allora e per una ventina d’anni i castellani hanno potuto apprezzare ogni giorno l’importanza e la qualità dei servizi e delle cure offerte dal proprio ospedale a pochi metri da casa; a tal proposito vale la pena ricordare che qui vennero ricoverati e curati 24 del centinaio di feriti del disastro ferroviario dell’8 marzo 1962. Molti anziani cittadini ricordano ancora oggi la presenza, a livello infermieristico, delle suore ‘Figlie della Carità’ presenti fin dal 1880 e lì rimaste per cento anni. Un apprezzamento sempre abbinato all’orgoglio di come la piccola comunità paesana avesse resistito, gestito e superato i quattro mesi di bombardamenti.

Negli anni Settanta cominciò a porsi il problema della ristrutturazione dei servizi ospedalieri e sanitari comprensoriali anche in relazione all’avvio dei nuovi organismi, i Consorzi socio sanitari prima e l’Usl poi. A fine anni Ottanta, entrò in campo la Regione che in un’ottica di riduzione della spesa e miglioramento della qualità dei servizi, puntò alla chiusura degli ospedali dei piccoli comuni. Per Castel Bolognese un primo intervento si ebbe nel luglio 1971, con la soppressione del servizio di ambulanza nel locale pronto soccorso, deciso dalla direzione dell’ospedale di Faenza. Sul finire del 1977 cominciò a delinearsi il progetto sul futuro assetto degli ospedali comprensoriali: per l’ospedale di Castel Bolognese, la proposta della Dc indicava il mantenimento dei soli reparti di medicina generale e chirurgia, e il potenziamento di radiologia "attrezzata con modernissimi macchinari", nell’ottica di un servizio per tutta la vallata del Senio, ma il progetto poi approvato a livello comprensoriale prevedeva la chiusura di tutti i reparti e l’organizzazione dei soli servizi di medicina di base, attività poliambulatoriali e day hospital. Trascorsero anni di dibattiti e polemiche e a inizio anni 90 fu attuato il nuovo piano sanitario regionale, che prevedeva e mise in atto la chiusura dei piccoli ospedali (cinque in provincia) fra cui Castel Bolognese. Sul ‘Cives civibus’ scese il sipario, poi fu trasformato in Residenza sanitaria assistita. Da alcuni anni sono stati ripresi servizi di sanità attiva con la Casa della Salute e ora, con il nuovo piano regionale, la prevista trasformazione in Casa della Comunità, ovvero un embrione di mini-ospedale filtro, al servizio "della vallata del Senio".

Carlo Raggi