Cava, lo studio indica un termine per l’estrazione

Il parere non vincolante commissionato dalla Regione su Monte Tondo ipotizza vari scenari per il futuro del sito. E fissa limiti temporali

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Sì o no all’ampliamento della cava di Monte Tondo? Lo studio commissionato dalla Regione lo scorso dicembre ad alcune società che si occupano di ricerche ambientali – Servin, StudioSilva, Sterna, coadiuvate da un geologo e da un’archeologa – non si limita a fare una fotografia di Monte Tondo, ma si spinge fino a tracciare una direzione circa la richiesta di ampliamento della multinazionale francese St Gobain. Lo studio (un parere non vincolante) individua varie possibili rotte da seguire. La prima e l’ultima, poste agli antipodi, sono quelle che coincidono rispettivamente con l’interruzione dell’attività di estrazione già nel 2022, e con la proposta di ampliamento della cava avanzata dalla Saint-Gobain, che si spingerebbe ben oltre i confini dell’area individuata nel 2001.

Ogni riflessione parte però dalla domanda alla base della questione: quanto gesso c’è ancora dentro i confini della cava stabiliti nel 2001? Lo studio, pur nelle "difficoltà dovute alla disomogeneità dei dati riportati dagli strumenti di pianificazione e alle dichiarazioni della proprietà alla fine di ciascun anno della concessione", prova a dare una risposta. Il gesso estraibile a Monte Tondo è ancora molto: "considerando il massimo estraibile stimato nel 2001 (pari a 4milioni e 558mila metri cubi a far data da fine 2006), il volume estratto nel periodo 2007-2020 ammonta a un milione e 600mila cubi, pari quindi a circa il 35.5% di quanto approvato". Gli autori dello studio propendono dunque per quello che hanno chiamato scenario B, che prevede di suddividere l’area di Monte Tondo in due porzioni: un ambito indicato come "cava nord", nel quale "si provveda al completamento del recupero ambientale e all’accorpamento con il Parco della Vena del Gesso", e uno cosiddetto "cava sud, nel quale si porti a conclusione l’estrazione", per poi rinaturalizzare i gradoni anche con "riporto di materiali inerti e terreno vegetale". Il volume per l’intero polo "è stato stimato sino a 1,7 milioni di metri cubi, pari quindi ad una media di 170mila metri cubi estraibili all’anno". A Monte Tondo ci sarebbe dunque di che estrarre ancora per "un periodo di 10 o 15 anni". Un arco temporale da fissare, "indipendentemente dalla eventuale minore utilizzazione da parte del concessionario del volume autorizzabile (1,7 milioni di metri cubi)". Lo studio consiglia pertanto di "considerare il nuovo periodo di attività come l’ultimo possibile e concedibile". Di pari passo dovrebbe procedere infatti la riconversione dello stabilimento di Casola Valsenio, del quale viene messo nero su bianco un futuro possibile: come sito cioè per la "produzione di materiali a base di solfati".

Lo scenario B non è indolore: proseguire l’estrazione, soprattutto nella parte sud, vorrebbe dire distruggere alcune grotte. Forse di estensione limitata – in parte anche perché colme di detriti – ma la cui importanza per il già fragile sistema sistema idrologico ipogeo non può essere sottovalutata.

Filippo Donati