Ottenuto il sostanziale via libera dell’Ente Parchi all’ipotesi di espansione della cava di Monte Tondo – fatti salvi i 60 giorni durante i quali possono essere presentate osservazioni al Piano territoriale – ora il prossimo passo amministrativo su cui è puntata l’attenzione è il Piano delle attività estrattive, fermo da mesi sulle scrivanie della Provincia. Ambientalisti e naturalisti non si fanno illusioni: se neppure l’Ente Parchi si è mosso in difesa di Monte Tondo, è poco verosimile che a farlo sia il Piano delle attività estrattive; la sola che ha espresso obiezioni è stata la Regione, attraverso il suo Servizio Parchi. Il tono delle osservazioni fatte arrivare all’Ente Parchi – benché non accolte – era quello di chi ancora intende dare battaglia. L’eventuale allargamento della cava di Monte Tondo non sarebbe del resto indolore per la vallata, che potrebbe dover rivedere il profilo ecoturistico che si era faticosamente data negli ultimi dieci anni: una virata di 180 gradi economicamente problematica per le strutture ricettive come agriturismi e b&b, che avevano preso piede in varie parti del territorio. C’è poi un altro interrogativo: che fine farà la candidatura Unesco della Vena del Gesso e, con lei, dei sistemi carsici emiliano-romagnoli? Neppure citata nella prima redazione del Piano territoriale – e inserita nella seconda versione a seguito delle proteste della Regione – la questione sembra ritenuta ormai scarsamente rilevante per comuni ed Ente Parchi.
Su temi come questi l’Unesco ha sempre avuto una posizione chiara: non è la presenza di una cava o di un impianto produttivo a impedire il riconoscimento a Patrimonio dell’Umanità, a patto che sia delineato un percorso di dismissione o quanto meno di non allargamento del sito. Un percorso di cui, da alcune ore, di fatto non c’è più traccia, o almeno non nelle intenzioni dell’Ente Parchi. Come si è arrivati a questo scenario? È giusto ricordare che nei territori di Brisighella, Riolo Terme e Casola Valsenio il Parco della Vena del Gesso non ha sempre goduto di appoggio unanime. Le associazioni venatorie, la Lega e l’allora Alleanza Nazionale – poi diventata Fratelli d’Italia – non hanno mai nascosto la propria contrarietà al progetto di parco regionale, e poi a vari dei suoi aspetti gestionali. A essere mutata è l’opinione dei comuni governati dal centrosinistra nei confronti dell’area protetta, percepita talvolta negli ultimi anni con evidente fastidio. Pesa ovviamente anche il risvolto occupazionale legato allo stabilimento Saint-Gobain che sfrutta la cava.
Chi non ha cambiato idea sull’importanza di tutelare la Vena del Gesso è però la Regione Emilia Romagna: a lei sono appese le speranze degli ambientalisti di salvare quel che rimane di Monte Tondo.
f.d.
