Migliaia di chilometri in auto in compagnia di monsignor Ersilio Tonini, da quando era arcivescovo fin verso al 2011 allorché, già da anni cardinale, per via dell’età si ritirò da ogni attività. Dalla testimonianza di Julles Metalli esce un ritratto inedito dell’indimenticato arcivescovo di Ravenna di cui ricorre il nono anniversario della morte avvenuta il 28 luglio del 2013. Un ritratto che soprattutto aiuta a comprendere la linearità e semplicità della sua opera quotidiana: conoscenza, rettitudine, disponibilità verso tutti e sempre. E anche più di un aspetto singolare: il tempo come variabile ininfluente, tanto da essere spesso in ritardo, l’esiguità del pranzo, l’ascolto della musica, dei risultati di calcio, il piacere che aveva di guidare lui stesso "andando a velocità elevatissime". Metalli laico, ravennate, ha incontrato Tonini e dall’età di 18 anni ne è stato un fidato e disponibile autista e collaboratore. Da tempo è ministro straordinario della comunione alla parrocchia di Casal Borsetti e ‘factotum’ del Seminario arcivescovile. "Avevo 11 anni quando ascoltando una sua omelia alla chiesa di Sant’Antonio, rimasi colpito da una sua frase: ‘La fortuna nella vita è poter fare del bene’. Quante volte gliel’ho sentito ripetere!" Quando diventò autista dell’arcivescovo? "Nel 1987, dopo il disastro Mecnavi, avevo appena preso la patente. Avevo una Fiat Uno, andavamo con quella; altre volte invece si andava con la sua Regata". Per quali impegni? "Messe, cresime, convegni. Tonini aveva un orologio, ma era sempre fermo. A lui andava bene così perché il tempo non gli interessava, per lui era importante ascoltare la gente. Due minuti di qua, cinque di là e si accumulavano ritardi anche di un’ora. Alle cresime lui voleva incontrare i bambini, le famiglie, i nonni. Non si limitava al segno della croce sulla fronte, diceva che i bambini non sono francobolli da timbrare, ma con loro ...
© Riproduzione riservata