Accade che, invecchiando, la frequentazione di ambienti sanitari inevitabilmente aumenta. Vuoi per una visita, vuoi per un esame, i motivi non mancano e quindi ormai da anni si gira tra strutture private e naturalmente ospedali. Da quando esiste la cosiddetta area vasta i nostri principali riferimenti sono il Morgagni-Pierantoni di Forlì, il Bufalini di Cesena, l’Umberto I di Lugo e il ravennate Santa Maria delle Croci, poiché abbiamo specialisti distribuiti in queste strutture. Passata la visita o l’esame è un classico dedicarsi una pausa caffè, e per fortuna s’è diffusa questa “umanizzazione” degli spazi ospedalieri: bar, salette arredate, piccola ristorazione, nulla manca nei tre nosocomi. Voglio poi spezzare una lancia in favore del bar ravennate perchè trovo il suo caffè perfetto: denso, cremoso, corposo, col giusto grado di acidità: insomma, un piacere, come dev’essere. È la compensazione a quella sottile ansia che accompagna l’ingresso, a quelle paure silenziose che s’annidano in noi: il timore di un esito sfavorevole, il dubbio legato a un sintomo apparentemente trascurabile, l’inizio di un percorso imprevisto e dalla conclusione incerta.
Le nostre fragilità crescono, s’ingigantiscono, e il buon esito della visita ci riporta alla piccola, quotidiana vita civile fatta di altrettanto piccole e quotidiane felicità. Alcuni anni fa – mi pare fosse il 2016 o giù di lì - l’ospedale ravennate vide l’azzeccata iniziativa delle “Invasioni letterarie” della professoressa Livia Santini: uno spazio dedicato alla letteratura che vedeva il coinvolgimento dei pazienti e la creazione di una biblioteca interna (poi intitolata alla memoria di Enrico Liverani). Perché la vita di chi deve soggiornare in ospedale cambia, esattamente come cambia il senso dello scorrere del tempo: s’allunga, lo dilata in giornate trascorse a letto o a far vasche lungo i corridoi dei reparti. Trovo quindi necessarie tutte le attività che ripropongono offerte riconducibili alla vita abituale, e sono restato stupito nell’apprendere della chiusura sia dell’edicola, sia dell’attiguo saloncino da parrucchiera. Mi sono parsi servizi indispensabili per i degenti, in grado di migliorarne la qualità dei ricoveri, e la loro scomparsa un arretramento del valore ospedaliero. Ho chiesto: nessuno me ne ha spiegato i motivi, ma quelle serrande chiuse mi sono parse uno schiaffo a degenti, assistenti e visitatori.