REDAZIONE RAVENNA

Coatti, silenzio dalla Colombia: "Incredibile dopo un mese e mezzo"

A Longastrino la famiglia attende ancora la salma del 38enne biologo trucidato. "E se davvero non fosse lui?"

A Longastrino la famiglia attende ancora la salma del 38enne biologo trucidato. "E se davvero non fosse lui?"

A Longastrino la famiglia attende ancora la salma del 38enne biologo trucidato. "E se davvero non fosse lui?"

"Non si sa nulla, come se fosse il primo giorno. È ancora tutto fermo, anche se sembra impossibile". Le parole amare e lucide di Giovanni Coatti, zio di Alessandro, pesano come macigni a distanza di oltre un mese e mezzo dal tragico ritrovamento dei resti del giovane biologo italiano in Colombia. Da Longastrino, frazione di Alfonsine al confine tra le province di Ravenna e Ferrara, Giovanni aspetta notizie. Accanto a lui, il padre di Alessandro – che ha provato a contattare con insistenza la polizia e le autorità colombiane – riceve solo silenzi. Nessuna risposta sulla restituzione del corpo. Nessuna spiegazione.

Alessandro Coatti (foto) aveva 38 anni, era un biologo molecolare con una carriera internazionale alle spalle. Dopo gli studi alla Normale di Pisa e all’University College di Londra, aveva lavorato per anni alla Royal Society of Biology britannica. Ma da qualche tempo aveva scelto una strada diversa: un viaggio in Sud America, fra ricerca e volontariato. Ecuador, Perù, Bolivia, infine la Colombia. È lì che il 3 aprile si perdono le sue tracce, ed è lì che pochi giorni dopo vengono ritrovati i suoi resti in condizioni atroci: una valigia abbandonata, un corpo smembrato, un’identificazione resa possibile solo da un braccialetto di un ostello.

Secondo quanto ricostruito dalle autorità colombiane, Alessandro sarebbe stato vittima di una trappola organizzata attraverso un’app di incontri. Adescato, drogato, ucciso con un oggetto contundente e poi fatto a pezzi. Un’esecuzione brutale, che però sembra non avere ancora un colpevole certo. Le bande del narcotraffico – inizialmente ipotizzate – si sono sfilate. Ma il tempo che passa alimenta i dubbi della famiglia. "Siamo sicuri che sia proprio lui? Si sa di persone che dal Venezuela hanno chiamato dopo sei mesi", riflette lo zio Giovanni, lasciando che la domanda scavi nel vuoto. E ricorda: Alessandro non era solo un ricercatore. "Faceva una sorta di missione laica. Era stato dieci giorni nella giungla, ospite di una tribù. Studiava, sì, ma insegnava anche inglese ai bambini. Voleva aiutare tutti". E allora la domanda si fa più inquietante: è possibile che in quel contesto abbia visto qualcosa che non doveva vedere? Qualcosa che lo ha messo nel mirino? Per le autorità locali no, non c’è traccia di coinvolgimenti. Ma alla famiglia non può bastare, perché il silenzio è troppo lungo. "Pare impossibile che dopo un mese e mezzo da quel macabro ritrovamento non ci sia ancora nessuna notizia", dice ancora Giovanni. Oggi resta solo l’attesa. L’unico desiderio della famiglia è riportare Alessandro a casa, per poter dare almeno una degna sepoltura a ciò che resta – e a ciò che forse tornerà – di lui. Perché anche quando tutto sembra finito, ci sono cose che devono ancora cominciare. Come la verità.

Lorenzo Priviato