Coffari: "Così cambiò l’apparato cooperativo"

Gilberto, ex sindaco di Cervia, gestì da presidente di Coop Adriatica, il passaggio dalle piccole realtà di consumo agli Iper"

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di Carlo Raggi

Ha conosciuto la miseria del dopoguerra, i sacrifici del lavoro a 12 anni, ma ha anche beneficiato dei forti principi dei genitori secondo cui lo studio riscatta l’uomo e così il cervese Gilberto Coffari la scala sociale l’ha percorsa tutta, forte degli ideali politici del vecchio Pci e di quelli sociali della cooperazione: dalla Fgci comunale alle Cooperative agricole, presidente di Alafrutta, sindaco di Cervia, consigliere provinciale, presidente della Lega delle Cooperative negli anni 90. Il suo nome è legato alla riorganizzazione dell’apparato cooperativo, a cominciare da quello agricolo messo in crisi dalla globalizzazione, per poi approdare al fronte della distribuzione: è lui che ha modellato il carrello della spesa per una buona fetta di italiani gestendo, da presidente di Coop Adriatica, il passaggio dalle piccole cooperative di consumo agli Iper e ai grandi centri commerciali dall’Emilia-Romagna agli Abruzzi. Appassionato di sci e ciclismo, per Coffari il movimento cooperativo ha perso i propri valori condivisi, sostanzialmente "quel sistema non esiste più".

Coffari, una vita dedicata all’impegno politico, sociale e imprenditoriale.

"Ma a suo tempo ho rifiutato la politica come mestiere e ho scelto la cooperazione. Io sono stato l’uomo del fare. Il cooperatore agisce, il politico deve parlare. Per questo nell’82, sia pure su richiesta della Cooperazione, mi dimisi da sindaco al secondo mandato e rientrai in Lega".

Ma la politica da giovane l’aveva visto protagonista…

"Provengo da una famiglia comunista, mio padre, Guerrino, era stato partigiano sia pure dopo dieci anni di guerra fra Jugoslavia e Africa, e io ho avuto la fortuna di incontrare insegnanti come Dirani, Bolognesi, Longanesi".

La sua famiglia?

"C’erano Floriana e Giancarlo che a Cervia è conosciutissimo perché maestro di tennis e padre di Luca, ex sindaco. Babbo e mamma si iscrissero al collettivo per lavorare come salariati agricoli. Tempi magri, di grande povertà. Poi il babbo ebbe un lavoro come operaio del Comune…e anch’io lavoravo. Dagli 8 anni in estate andavo nei campi, a spigolare, a rivoltare il fieno".

Poi entrò alla Lega delle Cooperative. Con quale incarico? "Cercavano dei giovani praticanti per il settore agricolo, fronte fisco, paghe, organizzazione del lavoro. Il mio capo era Amerigo Battistuli, repubblicano, ed ebbi un grande maestro, Decimo Triossi, presidente delle cooperative agricole, mentre a capo della Lega c’era il comandante partigiano Vladimiro Verlicchi. Ben presto mi trovai sul fronte delle trattative con i sindacati. C’erano 12mila braccianti negli anni Sessanta!"

Una grande palestra.

"Una scuola di vita. Allora la dirigenza cooperativa a livello locale era fatta da autodidatti, personaggi che si confrontavano alla pari con i dirigenti nazionali. Eero anche segretario di una sezione del Pci a Cervia e l’anno dopo, nel ’70, fui candidato al consiglio comunale. E non solo".

Vale a dire?

"Il primo gennaio ero stato assunto alla Lega a tempo indeterminato. Sessanta mila lire al mese. Poco dopo mi sposai, con Amedea, Biondi: in agosto nacque Davide e nel ’77 Michela. Nel ‘71 entrai in consiglio: primo dei non eletti. Intanto in Lega divenni responsabile dei settori vitivinicolo e ortofrutta e nel ’75 presidente di Alafrutta, di Alfonsine, la più grande coop di trasformazione del territorio".

Pochi mesi dopo un altro traguardo!

"Già, sindaco di Cervia. Roba da star sveglio tutta la notte a parlarne con Amedea…mi spiego. Era maggio del ’76. Mentre andavo alla segreteria del Pci seppi che il sindaco Rosetti si era dimesso e che la segreteria provinciale del partito aveva deciso che a sostituirlo dovessi essere io. Voi siete matti, dissi, non ho esperienza. Mi diedero la notte per decidere: all’alba capii che non potevo dire di no". All’epoca il passaggio del testimone era celere?

"Alla sera di quel sabato in piazza a Cervia comizio con Boldrini che mi presentò come sindaco. Avevo 29 anni e dovetti fare in fretta a imparare. Sa chi era il mio segretario? Medri che adesso è di nuovo sindaco. Ero in Comune da mattina a sera. Mi ero tenuto la delega all’edilizia e sulle licenze imposi la massima trasparenza".

Fu riconfermato nel 1980. "Con il Pci in crescita. Ma la politica non faceva per me. Già avevo anticipato che non mi sarei ripresentato, quando nel 1982 la Lega delle Cooperative si trovò in piena emergenza per la crisi profonda dell’agricoltura e mi fu chiesto di prendere in mano la situazione, che era gravissima…E accettai!"

Erano cambiate le regole della politica agricola in Europa? "C’era stata la liberalizzazione dei mercati e dei prezzi. Per le pesche, ad esempio, fu la Spagna a farci concorrenza e i nostri agricoltori, troppo piccoli, dovettero soccombere. In un decennio sparirono molte imprese e tante coltivazioni, le barbabietole, l’ortofrutta, cui si aggiunse la crisi delle coop edili".

Qualcosa si salvò?

"Il mio compito fu di convincere a fare grandi aggregazioni per affrontare il mercato globale, occorreva puntare sulla industrializzazione dell’agricoltura e sulla qualità: fu lì che si rafforzò il fronte vitivinicolo".

Poi la presidenza della Lega. "Nel 1989, Sintini andò a Iter e a me toccò riorganizzare tutto il fronte cooperativo, con nuovi fronti imprenditoriali, come il facchinaggio, l’autotrasporto. Poi si aggiunse la crisi della lira. Riuscimmo a superare la bufera e comprendemmo che era il momento della rivoluzione totale sul fronte del terziario alimentare. Se negli anni 80 si erano sviluppati i piccoli supermercati, nel decennio successivo passammo al binomio centri commerciali e grandi Iper".

Una rivoluzione di cui lei fu artefice.

"Dal vertice della neonata Coop Adriatica, operativa dalle Marche al Veneto: nel ’98 vice presidente e dal 2006 presidente. Passammo da 8 a 18 centri commerciali in tutta Italia, oltre un milione di soci, supportati da una società, la Igd che volli quotata in borsa. Si rivoluzionò il carrello della spesa per milioni di famiglie. . Poi nel 2011 la pensione, a 65 anni. Non si può stare troppo tempo nei centri di potere! Meglio darsi al ciclismo, sono un patito della 9 Colli".