
Trovo tutti i paragoni con quanto accadeva cinquant’anni fa inutili: è un mondo diverso, troppe cose sono cambiate. Allora il Paese era in crescita, i giovani sapevano di avere davanti un futuro che oggi appare incerto. Anche il livello di istruzione era diverso, la cultura era diversa: il messaggio che passava in tante famiglie era che studiare non fosse poi così importante. Oggi tanti vanno avanti all’università fino a 25 o 26 anni, prendono due lauree (e per farlo ci vuole impegno) e a quel punto giustamente chiedono di trovare un lavoro attinente con ciò che hanno studiato. Oggi c’è anche una sensibilità diversa verso il mondo del lavoro in generale: l’impressione è che i giovani siano meno propensi ad accettare le paghe scarse e l’assenza di diritti che certi imprenditori si ostinano a ’offrire’, ed è un bene. I lavori duri esistono e probabilmente esisteranno sempre, ma è giusto che chi li svolge sia retribuito e tutelato in maniera equa.
Infine, per quanto riguarda gli autisti, il problema è serio, ma la soluzione non è semplice. Per fare questo lavoro bisogna avere una patente apposita (che è cara) e almeno 24 anni. Inoltre stare in strada è un rischio, la questione legata alla responsabilità di chi guida non va presa alla leggera. I sindacati sostengono da tempo che occorra alzare gli stipendi e del resto, se una figura è richiesta e in carenza, è così che funziona il mercato.