Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale, otto dirigenti sospesi

Diverse figure apicali sono accusate di peculato, truffa aggravata e falso ideologico. Nel mirino l'uso dell'auto di servizio e le ore di straordinario

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Lavori del Consorzio in un canale

Ravenna, 26 ottobre 2020 - Otto figure apicali del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale con sede a Lugo, e competente sulle province di Ravenna, Bologna, Forlì-Cesena, Ferrara e Firenze, sono stati sospesi per peculato, truffa aggravata perché ai danni dello Stato e falso ideologico legati perlopiù all’uso improprio delle auto di servizio e alla richiesta di rimborsi per il chilometraggio delle auto personali.

Le misure cautelari interdittive, emesse dal Gip Andrea Galanti su richiesta dei Pm Alessandro Mancini, e Angela Scorza, sono state notificate in mattinata. La relativa inchiesta, battezzata ‘Dirty water’, è stata condotta nel corso del 2019 dalla Digos della polizia ravennate. I periodi di sospensione degli indagati dal lavoro variano, a seconda della posizione, dai dodici ai sette mesi.

Le indagini erano scaturite da una iniziale fonte confidenziale che agli inizi del 2019 aveva tinteggiato una situazione della gestione interna del Consorzio caratterizzata da numerose e ripetute condotte illecite. Gli inquirenti hanno poi ricostruito un presunto sistema diffuso del ‘malaffare’ caratterizzato dall’uso improprio dell’ auto di servizio per scopi personali quali l’andare a giocare a carte con gli amici al circolo o al supermercato per fare la spesa.

Ma anche l’allontanamento sistematico dal posto di lavoro durante l’orario di servizio e la falsa attestazione di ore di lavoro straordinario in realtà non prestate - prosegue l’accusa - sono le azioni più frequentemente accertate dagli investigatori.

A queste, secondo le contestazioni della Procura di Ravenna, si aggiunge la creazione di un vero e proprio ‘sistema’ illecito di rimborsi chilometrici per conseguire di fatto una indebita integrazione stipendiale in base al quale alcuni capi reparto, assegnatari di auto di servizio, avrebbero falsamente attestato di avere usato la propria auto privata per motivi di lavoro, chiedendo in seguito un rimborso spese per i chilometri percorsi ma in realtà mai effettuati .