Coronavirus Ravenna, morto Saturno Carnoli. "Era sempre avanti"

Il ricordo di Paolo Cavassini, ricercatore e saggista amico dello scrittore ucciso dal Covid a 79 anni

Paolo Cavassini e Saturno Carnoli

Paolo Cavassini e Saturno Carnoli

Ravenna, 28 marzo 2020 - “Napoleone, dell’Austria, diceva che era sempre indietro: di un anno, di un’armata, di un’idea. L’esatto contrario di Nino: lui invece era sempre avanti”. Un’amicizia lunga quasi trent’anni quella tra Paolo Cavassini e Saturno ‘Nino’ Carnoli. Il primo, fine ricercatore, saggista, storico; e l’altro istrionico intellettuale post-futurista e post-comunista: i due hanno condiviso la passione per la ricerca storica e in generale per le manifestazioni dell’intelletto. Insieme ad esempio hanno firmato Nero Ravenna, memorabile saggio sulla storia dell’attentato a Ettore Muti.

Coronavirus Ravenna, morto Saturno Carnoli. Grande protagonista della cultura

Sedendoti al loro tavolo, li avresti sentiti discutere di tutto, dal melodramma all’impresa di Fiume senza soluzione di continuità. “E pensare che solo ora ho saputo che aveva 79 anni… – continua Cavassini -. Ecco, questo dà conto del suo essere giovane. Vitalità e modernità accompagnate da una speciale abilità per gli scenari futuribili. Sguardo intelligente, critico, prospettico: mi piaceva che sapesse ridere con gli occhi. A lui piaceva più provocarsi che provocare. E aveva una capacità non comune di meravigliarsi. Ma anche umanità e gentilezza: dieci anni fa lo si sarebbe detto un uomo aspro che giocava a fare il burbero forte della sua stazza, ma con il tempo era diventato veramente dolce”.

Una dote su tutte: quella “di mettere tutto in discussione compreso se stesso, arrivando anche ad ammettere che alcune posizioni che aveva preso, erano da rivedere”. Di lui “ne parleremo tantissimo negli anni a venire”. Del resto si tratta di quei “personaggi che coltivano un loro personale laboratorio culturale e politico, apparentemente sopra le righe, ma che quando mancano, ti rendi conto di quanto davvero ne avevi bisogno”.

Insopportabile paradosso per uno così, arrivare alla fine dei suoi giorni in forzata solitudine a causa dell’emergenza sanitaria e senza nemmeno un funerale, magari vitalistico come sicuramente avrebbe voluto lui. Un qualcosa di “devastante e atroce perché interrompe il circolo della pietas e i meccanismi di elaborazione del lutto che fanno parte della nostra civiltà: ne avevamo parlato, lui lo temeva. Per questo il pensiero va ora più che mai alla figlia Marianna e alla compagna Elisabetta. Una cara amica mi ha detto che non sarà più come prima. Certo, andremo tutti avanti, naturalmente: ma lo faremo ‘circa’, come diceva il nostro amico Giuliano Mazzesi, muratore-umanista".