"Così tagliai le liste d’attesa per le materne"

Susanna Tassinari, dal consiglio di circoscrizione a Roncalceci all’assessorato all’infanzia e alla scuola nelle giunte Mercatali e Matteucci

Carlo Raggi

Due lustri all’Arci, poi maestra per vent’anni e contemporaneamente consigliere di circoscrizione a Roncalceci quando questi organismi avevano ancora potere di spesa ed erano fondamentali per rapportarsi e discutere con l’Amministrazione comunale. Un’esperienza sul territorio che a Susanna Tassinari è tornata utile allorché nel 1997 fu eletta in consiglio comunale e quattro anni dopo entrò nella giunta di Vidmer Mercatali come assessore all’infanzia e alla scuola. E con lei Ravenna abbatté drasticamente le liste d’attesa per entrare nelle scuole d’infanzia e dalle ultime posizioni nella classifica delle ‘città a misura di bambino’, nel 2006 conquistò il primo posto.

Fu lei a favorire il primo nido sul posto di lavoro, in Questura. Poi la direzione prima e la presidenza poi dell’Asp, la neo azienda dei servizi alle persone. Nel 2018 la pensione e ora il ritorno in pista, presidente del Consiglio territoriale di Roncalceci.

Lei ha sempre abitato a San Pietro in Trento. Partiamo di qui. Com’è cambiato da quando era bambina?

"Molto, si è costruito tanto e la gente che è venuta ad abitare qui lavora fuori, qui non ci sono aziende. Insomma stiamo diventando un quartiere dormitorio e il rischio è che scompaia il senso di comunità. Quando ero bambina, nei primi anni 60, a San Pietro in Trento viveva chi lavorava nei campi qui attorno. Tutta un’altra cosa".

Qualche attività commerciale è rimasta?

"La banca, il forno, l’alimentare, la farmacia, il parrucchiere, il meccanico. Poi il circolo repubblicano con la pizzeria e il circolo Arci che apre alla sera. Sono i due luoghi di maggiore aggregazione. E poi c’è la storica chiesa, romanica, che alcune volontarie ancora riescono a tenere aperta, perché da tempo non c’è più il parroco".

Suo padre che lavoro faceva? "Il babbo, che si chiamava Quinto ed era conosciuto come ‘Variati’, era un capo del collettivo dei braccianti e anche la mamma, Linda, era bracciante. Le case di campagna all’epoca avevano dei soprannomi e la nostra era ‘Panocia’. Pensi che quando avevo 12 anni, eravamo nel ’68, io aiutavo il babbo a compilare le buste paghe dei braccianti. Ogni mansione aveva un tariffario: era tutto regolato e c’erano controlli. Incredibile come oggi si sia giunti a tanto sfruttamento nel lavoro nei campi. Ricordo ancora tutti i nomi dei braccianti di allora…".

Parliamo della scuola. C’erano le elementari qui a San Pietro in Trento?

"Certo e ricordo la mia maestra, Zaira Maltoni, dalla prima alla quinta. Purtroppo a fine secolo nelle piccole località le elementari sono state chiuse. Da noi sono state concentrate a Roncalceci. Quante polemiche e opposizioni contro le chiusure...".

E dopo le elementari?

"Ho frequentato le medie a San Pietro in Vincoli e le magistrali a Ravenna, ovvero la scuola che dava subito uno sbocco lavorativo. Mi diplomai nel ’73, presentai domande, ma non ne feci nulla perché cominciai a lavorare per l’Arci. A 16 anni mi ero iscritta alla Fgci, d’altronde il babbo era iscritto al Pci e lì a S. Pietro in Trento se la giocavano il Pci e il Pri, anche se pure c’era il circolo della Dc proprio davanti all’Arci…un anno cercarono di organizzare la festa della Camomilla in antitesi alla nostra festa della Margherita, fu un fiasco".

Quanto è rimasta all’Arci?

"Dieci anni, e mi sono occupata principalmente delle Feste de l’Unità, degli spettacoli, di tanti eventi…e qui a San Pietro in Trento assieme ad altri di diverse tendenze politiche organizzammo un gruppo per la gestione della sala cinematografica…sì qui, in questa piccola frazione l’Arci aveva il cinema. Era il 1975. Sono stati anni indimenticabili, di crescita culturale e di tantissime esperienze diverse. Anni in cui a capo dell’Arci c’erano Giunchi, Simonini, Guido Pasi…Poi, piangendo, decisi di ‘diventare grande’, di cambiare". Si spieghi meglio.

"Ritenni di aver raggiunto un traguardo e che occorreva percorrere altre strade. Così feci domanda per insegnare e contemporaneamente mi sposai, con Fausto, Garoia, una vita dedicata al Pronto soccorso dell’ospedale di Ravenna…Feci un anno di prova in varie scuole, poi nacque Francesco e dal 1986 ho insegnato a Roncalceci fino a quando non fui nominata assessore nel 2001. Non sarebbe stato possibile insegnare e amministrare".

L’impegno politico però non venne a meno con l’insegnamento.

"Affatto. Nel 1980 ero stata eletta al consiglio di circoscrizione di Roncalceci e lì restai per 17 anni con un intervallo quando diventai mamma. Un’esperienza fondamentale per i passi futuri, all’epoca le Circoscrizioni avevano potere di spesa, il rapporto con il territorio era quotidiano, ci si conosceva tutti, ci si metteva anche la faccia".

Un territorio sostanzialmente agricolo…

"La battaglia di fondo dell’epoca era quella di far crescere la circoscrizione, priva di ricchezze, priva di industrie e che era considerata appunto la cenerentola di tutto il Comune. Ricordo con grande affetto i presidenti, da Remo Fiumana a Gianfranco Moschini, uomo di punta del decentramento, il padre dell’attuale assessore Federica…".

Poi il salto, in consiglio comunale.

"Nel 1997 al secondo mandato il sindaco Vidmer Mercatali mi volle come assessore, con una delega nuova, all’infanzia, oltre alla scuola. Ravenna registrava un picco di natalità e Vidmer si era posto l’obiettivo di trovare posto nelle scuole dell’infanzia per tutti i bimbi. ‘Non ne deve restare fuori nemmeno uno’ diceva e mi telefonava anche in piena notte per sapere a che punto eravamo. Qualche volta abbiamo anche litigato".

Un problema non da poco visto le liste d’attesa, all’epoca…

"Proprio così e agii su più fronti, occorreva cercare posti dove possibile, al di là di nuovi insediamenti. Ricordo che ebbi grande collaborazione dall’assessore ai Lavori pubblici, Gabrio Maraldi, per trovare spazi per nuove sezioni di ‘nidi’ nelle scuole elementari anche in virtù di veloci interventi di ristrutturazione. Poi in virtù della normativa regionale stimolammo i privati a realizzare strutture per accogliere i bimbi a ore a seconda delle esigenze. Peraltro fu allora che nacque l’idea del polo ‘Lama sud’ con materna e nido. E non dimentico il nido in Questura".

Il primo servizio per l’infanzia sul posto di lavoro.

"Ci fu un impegno importante da parte dei nostri uffici per superare la rigida normativa in materia. Ritengo quel risultato un tratto distintivo di quella amministrazione e di quei dirigenti della Questura".

Nel 2006 Ravenna fu prima nella classifica delle città a misura di bambino.

"Già, ma agli inizi del Duemila eravamo in fondo! Ricordo Vidmer arrabbiatissimo. Tanto lavorammo su più fronti, cinema, parchi, giochi, attività per i bambini che in cinque anni salimmo al primo posto".

Lei restò assessore anche con Fabrizio Matteucci, nel 2006. "Stessa delega con l’aggiunta dello sport, nel 2007, quando Sefi Idem si dimise per preparare le Olimpiadi. E l’anno dopo lasciai anch’io: Matteucci mi volle direttore della nuova Asp. C’erano problemi, ci furono polemiche, e venne fuori anche il ‘buco’ nel bilancio del Consorzio dei servizi sociali. Riuscii a tenere la barra dritta, da direttore venni poi nominata presidente per due mandati. Fino al 2018. Un’esperienza importante su un fronte, quello dei servizi sociali, dove ti devi misurare con realtà inaspettate".

E dopo il 2018?

"Ho fatto la nonna di Diana…ma da poche settimane sono di nuovo in pista. Sono stata nominata presidente del Consiglio di Roncalceci, un ritorno alle origini, anche se oggi questi enti sono solo organi di partecipazione. È una questione di passione, di impegno, e soprattutto cerco di portare sul territorio la grande esperienza acquisita in quasi cinquant’anni di servizio alla comunità e trasmetterla ai giovani".