Covid, quando un anno fa precipitò la situazione

Tra il 19 e il 26 ottobre si registrarono 346 casi e il virus cominciò a uccidere nelle case di riposo. Oggi si parte con la terza dose nelle rsa

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Potremmo chiamarli ‘gli ultimi giorni di illusione’. È passato un anno dal momento doloroso in cui la nostra convinzione di avercela fatta e di aver già superato il peggio si sgretolava contro i dati dei contagi in crescita. E ci tuffavamo, a nostra insaputa, nell’inverno più lungo: sei mesi di limitazioni, coprifuoco, ristoranti chiusi, scuole in balìa del virus e ospedali in affanno. Sei mesi in cui abbiamo dovuto in parte rinunciare anche al Natale, togliendo posti a tavola invece di aggiungerne. La situazione più grave, però, si è vissuta nelle case di riposo.

Ora che è passato esattamente un anno e abbiamo davanti un altro inverno dalle premesse per fortuna molto diverse, tanto vale guardarsi indietro e ricordare quanto abbiamo camminato per arrivare fin qui. Un anno fa oggi c’erano 21 casi: pochi, ma in graduale crescita dall’estate. Ora abbiamo giorni con bollettini peggiori, ma costanti da mesi nonostante le grosse libertà che abbiamo riacquisito: una situazione non paragonabile. Un anno fa le cose cominciarono definitivamente a precipitare nella settimana tra il 19 e il 26 ottobre: in sette giorni si registrarono 346 casi, circa un centinaio in più della media di 250 su cui ci siamo assestati ora da oltre un mese. Allora sembravano tanti, ma erano niente in confronto a quello che ci aspettava: tra il 16 e il 22 novembre arrivammo a 1281, il picco della seconda ondata. Nella terza, a marzo, il dato più alto è stato di 1740 nuovi casi tra l’8 e il 14 del mese: ma in questo caso il virus era diffuso soprattutto tra i giovani. La seconda ondata, nonostante i numeri (leggermente) più contenuti, è stata senza dubbio la più terribile per il nostro territorio a causa delle tantissime vittime nelle case di riposo. I primi casi si registrarono proprio quel 19 ottobre in cui la situazione cominciò velocemente a precipitare: si trattava della Cra Boari di Alfonsine, dove su 56 ospiti se ne contagiarono 44 e 15 morirono nei giorni a seguire. Era solo l’inizio: seguirono a stretto giro la Cra Pallavicini Baronio, la Don Carlo Cavina di Lugo, la San Domenico di Lugo, la Tarlazzi Zarabbini di Cotignola. In poco più di un mese, dal 19 ottobre al 24 novembre, tra ospiti e operatori nelle strutture per la terza età si ammalarono oltre 300 persone, e per un anziano su cinque contagiati in media il virus è stato fatale. Nella seconda ondata in totale, da ottobre 2020 a gennaio 2021, nella nostra provincia sono state 36 le strutture colpite da focolaio (ovvero almeno due contagi), e tra queste 17 hanno registrato oltre 10 casi. Nelle strutture, tra i più deboli, si è registrato anche il maggior numero dei decessi da Covid nel nostro territorio.

Tra ottobre e gennaio sono morte oltre 500 persone di Covid nella nostra provincia, con settimane in cui si sono registrati anche oltre 60 decessi. E i più erano proprio anziani ospiti delle case di riposo. La settimana peggiore è stata quella tra il 30 novembre e il 6 dicembre, quando furono 84. In totale a dicembre 2020 sono morte 301 persone nel Comune di Ravenna, ovvero il 44,2% in più rispetto al 2019.

L’incubo nelle strutture è finito tra gennaio e febbraio, man mano che la vaccinazione metteva al sicuro i più deboli. Fino ad allora però il Covid è riuscito a fare il giro di buona parte delle case di riposo, dalla città alla Bassa Romagna fino al Faentino, arrivando a colpire anche nell’intervallo tra le due dosi: oltre 800 ospiti delle case di riposo sono stati contagiati, e tantissimi sono morti. Ora può capitare che si creino focolai, ma in modo molto più sporadico e con molte meno conseguenze rispetto a un anno fa. Oggi si parte con le terze dosi nelle strutture, all’alba di un inverno che ci prepariamo ad affrontare con l’80% della popolazione vaccinata e in cui ora riaprono anche le discoteche. Chissà che presto non possano divenire più libere anche le visite nelle case di riposo, perché gli anziani ospiti e le loro famiglie sono coloro che più di tutti si meritano una fetta di questa ritrovata ‘normalità’.

Sara Servadei