Ci sono tre silenzi che coprono come un manto il ritmo della vita: quello della nebbia, quello della neve e quello di un’alluvione. Ma se il primo è un silenzio impregnato di mistero e sospensione, se il secondo poi improvvisamente viene rotto dalle urla gioiose dei bambini, quest’ultimo, quello dell’alluvione ha qualcosa che pare nascere dal profondo stesso dell’animo, per estendersi nelle vie,nei campi, circondando tetti, balconi, camini, cortecce, strade. Non è un silenzio di sospensione come gli altri, è denso di dolore che difficilmente può essere espresso. Il dolore scorre come le acque del fiume dentro le sponde alte di un contenimento interiore. È troppo difficile esprimerlo perché difficilmente la parola è in grado di rappresentarlo.
Quanto voglio raccontare, però, sono i rumori che si affacciano in questo silenzio. Non posso uscire di casa, acqua e fango ovunque, guardo dalla finestra il paesaggio lacustre, proprio li dove fino a pochi giorni fa era terra e coltura, fiori e sementi. Sul fare della sera, il canto dell’usignolo sui prugnoli pare voler ricordare la bellezza della natura, anche quando diventa sovrana e matrigna, come in questi giorni. Si uniscono le voci intrecciate di merli e passeri, il garrito di una rara rondine che quasi veleggia sulle acque. Poi tutto tace… minuti, ore. Lieve a tratti il rumore di una pioggia ora aggraziata, che non spaventa, anche se giunge inopportuna.
Le ore passano, qualche sirena dei pompieri lontano. Io non so dove arrivi l’acqua e dove riprenda la terra, non so che accade qui vicino. È più facile sapere di cose più lontane, delle città intorno che hanno una voce più grossa di quella di chi vive in campagna.
Ogni tanto si odono delle voci dalla strada e subito viene istintivo affacciarsi. Sprofondati nell’acqua, ora più ora meno, volti mai visti regalano una parola, un sorriso, conforto. Sono i volontari del mio paese che tutto il giorno passano di casa in casa per chiedere ciò che serve , per sapere come stiamo. Non è facile chiedere acqua e pane, qualcosa dentro mi dice che tutto sommato a me è andata anche fin troppo bene e che quel che serve a me serve probabilmente molto più ad altre persone. Verrebbe voglia di unirsi a loro, dimenticando che anche io faccio parte degli alluvionati.
Elena Zauli delle Pietre