Daniela Poggiali ora è accusata di sottrazione di farmaci da una casa di riposo

Chiusa l’indagine della Procura: l'ex infermiera avrebbe agito con una familiare che lavorava nella struttura per anziani di Alfonsine. Sarebbe sparito diverso materiale medico

Daniela Poggiali (FotoSchicchi)

Daniela Poggiali (FotoSchicchi)

Ravenna, 9 maggio 2021 - Quando alla vigilia di Natale erano andati a prenderla per portarla in carcere, gli inquirenti avevano dato un’occhiata nel suo cellulare. E a quel punto erano emersi messaggi dal contenuto esplicito che, come tali, avevano preso due strade. La prima, quella del tribunale del Riesame di Bologna il quale, anche per il senso di quelle frasi, aveva deciso di confermare la custodia cautelare per la ex infermiera. La seconda, quella della procura di Ravenna la quale ha ora chiuso la conseguente indagine per l’ipotesi di reato di peculato continuato in concorso. Il relativo avviso ha raggiunto nei giorni scorsi sia la 48enne Daniela Poggiali che una familiare 52enne al tempo impegnata come oss – operatrice socio-sanitaria – in una casa di riposo per anziani di Alfonsine per conto di una cooperativa di servizi alla persona. Entrambe sono difese dall’avvocato Lorenzo Valgimigli.

Secondo le indagini dei carabinieri del nucleo Investigativo coordinate dal pm Angela Scorza, la 52enne, in seguito alle richieste insistenti della 48enne, tra settembre e dicembre 2020 avrebbe sottratto diverso materiale dalla struttura in questione, ente accreditato al servizio sanitario nazionale (Ssn). Tutto – sempre secondo gli inquirenti – provato da una perquisizione al termine della quale erano stati sequestrati medicinali soggetti a prescrizione e dispensati dal Ssn: vedi Diprosone, Bionect Start, Medrol e altri. Ma anche prodotti medicali come specifici spray, pasta allo zinco e teli foliodrape. E ancora dispositivi e presidi medici come guanti, Hygesan e altro ancora. Il tipo di reato contestato – il peculato – nasce dall’inquadramento giuridico-professionale dato alla 52enne: in quanto oss per una struttura convenzionata con il Ssn, secondo l’accusa è un’incaricata di pubblico servizio.

La 48enne di conseguenza è stata risucchiata in concorso nello stesso tipo di ipotesi di reato. A lei è stata inoltre contestata una recidiva specifica infra-quinquennale: la ex infermiera ha infatti riportato una condanna, diventata definitiva nel 2018, per un totale a 4 anni e 7 mesi di reclusione a causa di una scia di ammanchi in corsia all’ospedale ‘Umberto I’ di Lugo verificatisi tra il marzo 2013 e l’aprile 2014. Nel contestato bottino, figurava anche una sportina di costosi antibiotici: “Ma ti rendi conto che stai andando a casa con 600 euro di farmaci nella busta?”, le aveva detto una dottoressa incrociandola a fine turno. Antibiotici che secondo l’allora infermiera Poggiali, servivano a una anziana familiare che “paga le tasse come le paghiamo noi”, aveva tagliato corto prima di andarsene. E quanto emerso dai messaggi che hanno alimentato la nuova inchiesta, per gli investigatori ricalca situazione analoga.

Del resto in una conversazione WhatsApp scambiata a novembre, la 48enne – come a gennaio sintetizzato dai giudici del Riesame – aveva sollecitato la 52enne “a fare la spesa”, cioè “a procurarsi farmaci” per l’anziana familiare allettata, “sapientemente approfittando dei momenti più favorevoli come il turno di notte”. Per i giudici inoltre, a riprova della sua “totale assenza di umanità”, l’imputata aveva pure suggerito all’altra di fare “dei tutoni con federe e nastro adesivo per i vecchi che si pastrocchiano”. Un consiglio per fortuna caduto nel vuoto visto che tra le contestazioni mosse, non figura quella di maltrattamenti.