Daniela Poggiali, messaggi choc a parente. Resta in carcere

Arrestata per pericolo di reiterazione del reato dopo la condanna a 30 anni per omicidio, il Riesame conferma la misura detentiva per l’ex infermiera

Daniela Poggiali fuori dal tribunale di Bologna dopo uno degli appelli

Daniela Poggiali fuori dal tribunale di Bologna dopo uno degli appelli

Ravenna, 12 gennaio 2021 - Non ha manifestato “nessun segno di resipiscenza”. Si presenta come “persona dotata di versatilità criminale”. Non è “capace di autogoverno”. E recenti messaggini scambiati con una parente, fanno pensare che potrebbe rendersi protagonista “di condotte della stessa indole” anche al di fuori di un ospedale. Sono insomma state ritenute fondate le ragioni che alla vigilia di Natale l’avevano portata in carcere. Il tribunale della Libertà di Bologna, ieri mattina ha confermato, con motivazioni contestuali, l’ordinanza di custodia cautelare per Daniela Poggiali, la 48enne ex infermiera dell’Ausl Romagna condannata il 15 dicembre scorso a 30 anni di reclusione per l’omicidio di un paziente, il 94enne conselicese Massimo Montanari, in passato datore di lavoro del compagno dell’imputata. L’uomo era deceduto all’improvviso all’ospedale di Lugo la notte del 12 marzo 2014 a poche ore dalle dimissioni. Secondo i pm Alessandro Mancini e Angela Scorza, la 48enne aveva così dato corso a una minaccia pronunciata nel giugno 2009 davanti alla segretaria del 94enne: “Stai attenta te e il Montanari di non capitarmi tra le mani perché io vi faccio fuori”. A nove giorni dalla condanna pronunciata al termine del rito abbreviato dal gup Janos Barlotti, era seguita la custodia cautelare nel carcere di Forlì per pericolo di reiterazione del reato.

Il focus Daniela Poggiali radiata e nessuno sconto: "Foto con i morti, valori calpestati" E venerdì scorso la Poggiali, attraverso i suoi avvocati Lorenzo Valgimigli e Gaetano Insolera, aveva chiesto ai giudici bolognesi di potere tornare libera. Secondo la corte presieduta dal giudice Mirko Margiocco (a latere i colleghi Oggioni e Palladino), il fatto che la decisione cautelare del gup sia arrivata dopo la condanna, assorbe l’aspetto legato alla verifica della gravità indiziaria. In questo caso, secondo quanto sin qui emerso, i fatti rivelano come “la Poggiali abbia agito con una non comune determinazione e freddezza”, peraltro “abusando della sua qualifica” dopo “essersi procurata la sostanza letale da iniettare”. Inoltre già comportamenti pregressi, svelavano la sua “propensione a condotte illegali”. Vedi vari furti in corsia. L’analisi va semmai calibrata sui motivi di esigenza cautelare (o meglio: sul poter o meno escludere che ve ne siano, come tecnicamente occorre fare in casi di contestato omicidio). Su questo fronte, “bisogna tenere conto – prosegue l’ordinanza – dell’innumerevole serie di bersagli possibili”. L’imputata del resto si presenta come “una persona dotata di versatilità criminale”. I giudici hanno specificato al plurale: “Condotte omicidiare”, intendendo anche quella relativa a Rosa Calderoni, la paziente 78enne di Russi per la cui morte dell’8 aprile 2014 all’ospedale di Lugo, la Poggiali era stata condannata in primo grado all’ergastolo: per questo caso, l’unica sentenza al momento in piedi dopo gli annullamenti della Cassazione dei due successivi appelli di assoluzione. Dal primo appello, datato 6 luglio 2018, la Poggiali è rimasta completamente libera per circa due anni e mezzo: “Ed è questo l’arco spaziale che dev’essere valutato”. Perché la 48enne “è una donna che bene sa scegliere come e quando portare a termine le sue intenzioni: e di specifiche occasioni, da libera, potrebbe averne ancora”. Vedi chi “nel corso delle sue vicende giudiziarie abbia fornito apporti per la condanna”. Nell’ordinanza, trova qui spazio un particolare assolutamente inedito relativo a conversazioni whatsapp con una parente che lavora per una cooperativa di servizi alla persona: dai messaggi emerge come questa, su suggerimento dell’imputata, “sia stata solita ‘fare la spesa’” nella struttura in cui lavora. E cioè “procurarsi farmaci e presidi medici” per un’anziana familiare dell’imputata. Di più: la Poggiali, “a dimostrazione di come abbia conservato nel suo patrimonio caratteriale la più totale assenza di senso di umanità”, avrebbe suggerito per i turni di notte – siamo nel novembre scorso - “in caso di necessità di fare, come lei stessa aveva fatto, dei tutoni con federe e nastro adesivo per ‘i vecchi che si pastrocchiano’”. Come dire che non è possibile escludere che l’imputata abbia la capacità di “condotte della stessa indole”, ovvero “espressioni di crudeltà verso pazienti o comunque verso terzi”.