Daniela Poggiali fa ricorso in Cassazione, vuole tornare libera

Richiesta arrivata dai legali della 48enne, in carcere a Forlì in attesa della data di appello-ter per la morte di Rosa Calderoni

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L’ex infermiera 48enne Daniela Poggiali si è rivolta alla Cassazione per chiedere di poter tornare libera. Il ricorso, depositato l’altro ieri dai suoi legali Lorenzo Valgimigli e Gaetano Insolera, dà conto di tre eventi in rapida successione. Prima la condanna del 15 dicembre scorso in abbreviato a trent’anni di reclusione per la morte di un paziente all’ospedale di Lugo, la conseguente custodia cautelare in carcere scattata la vigilia di Natale per il contestato pericolo di reiterazione del reato e, da ultimo, la conferma della misura da parte del tribunale del Riesame di Bologna.

A questo punto i giudici romani dovranno fissare l’udienza in seguito alla quale le possibilità sulla carta sono due: il no al ricorso con la conferma della custodia cautelare in quello che costituirebbe una sorta di giudicato sulla misura. Oppure la Suprema Corte potrebbe accogliere la richiesta, rinviando l’esame della questione ad altra sezione del Tribunale, solo per questioni interpretative, ci potrebbe essere un annullamento senza rinvio. Al momento la donna resta in carcere a Forlì in attesa peraltro di un ulteriore importante appuntamento quale la fissazione della data dell’appello-ter per la morte di Rosa Calderoni, la 78enne di Russi deceduta a poche ore dal ricovero l’ 8 aprile del 2014 all’ospedale di Lugo e uccisa – secondo le indagini dei carabinieri dell’Investigativo coordinate dai pm Alessandro Mancini e Angela Scorza – con una iniezione di potassio.

Dopo una condanna all’ergastolo in primo grado, la Poggiali aveva incassato assoluzioni da due successivi appelli a Bologna sconfessati da altrettante cassazioni a Roma. Per questo fascicolo, si trova indagata a piede libero dopo la scarcerazione avvenuta in seguito al primo appello. In carcere c’è finita per la condanna relativa alla morte di Massimo Montanari, 94enne deceduto all’improvviso la notte del 12 marzo 2014 a poche ore dalle annunciate dimissioni. L’uomo in passato era stato datore di lavoro del compagno dell’imputata. La 48enne – secondo l’accusa – con una iniezione letale avrebbe cioè dato corso a una minaccia pronunciata nel giugno del 2009 davanti alla segretaria del Montanari. A corroborare il delineato pericolo di reiterazione del reato, secondo i giudici bolognesi ci sono alcuni messaggi whatsapp relativi a consigli spicci su come trattare pazienti anziani che la ex infermiera aveva dispensato nel novembre scorso a una familiare la quale lavora in una struttura protetta. Su fronte professionale, la 48enne da inizio anno è stata radiata definitivamente dopo la conferma in appello a Roma della decisione presa a Ravenna alla luce dei due scatti che la donna si era fatta fare il 22 gennaio 2014 all’ospedale di Lugo, sorridente e con i pollici alzati accanto a una paziente di 102 anni appena spirata.

a.col.