Danilo Molducci morto, figlio e badante rinviati a giudizio: "Fu un omicidio"

Il gup Galanti ha accolto la richiesta della Procura per il decesso del medico morto a 67 anni. Dal 3 maggio in assise

Da sinistra: Stefano Molducci e la casa dove il padre Danilo fu trovato morto

Da sinistra: Stefano Molducci e la casa dove il padre Danilo fu trovato morto

Ravenna, 4 aprile 2023 – Quando è arrivato, è andato a sedersi fuori dall’aula, in silenzio. Altrettanto silenziosamente è poi rimasto per tutto il tempo dell’udienza davanti a gup e pm, lasciando parlare per lui i suoi avvocati. La co-imputata invece non c’era, in attesa forse di comparire al cospetto delle toghe a partire dal 3 maggio, giorno di inizio del processo davanti alla corte d’assise di Ravenna. Ieri mattina insomma il gup Andrea Galanti, come chiedeva il pm Angela Scorza, ha rinviato a giudizio entrambi gli indagati per l’omicidio pluriaggravato di Danilo Molducci, storico medico di Campiano morto a 67 anni il 28 maggio 2021. Si tratta del figlio, il 40enne Stefano Molducci di Terra del Sole, esperto di trading e in passato segretario del Pd di Castrocaro. E della colf 52enne romena, Elena Vasi Susma. Per i due, difesi rispettivamente dagli avvocati Claudia Battaglia e Antonio Giacomini, le indagini della polizia ravennate hanno portato a inquadrare questi ruoli: il figlio avrebbe programmato e organizzato l’omicidio con gli stessi farmaci che di solito il padre assumeva; la badante avrebbe acquistato le medicine, usando pure ricette da lei stessa contraffatte, e le avrebbe infine somministrate al defunto.

I legali avevano chiesto per entrambi il non luogo a procedere: un proscioglimento che, in attesa del dibattimento, è naufragato davanti alle verifiche della squadra Mobile, agli accertamenti patrimoniali delle Fiamme Gialle e alle conclusioni di varie consulenze tecniche, soprattutto di carattere medico-legale. In particolare queste ultime, lette in chiave accusatoria, hanno restituito un progressivo avvelenamento del 67enne con un mix di farmaci. Dopotutto l’uomo – allettato, segnato da ipertensione e obesità -, assumeva gli stessi medicinali. Il figlio, peraltro in passato studente di medicina, per la procura sapeva dello stato di precarietà del genitore. E così avrebbe impartito specifiche indicazioni alla badante la quale in quel periodo si occupava di tutte le incombenze legate al medico. I risultati della consulenza tossicologica, avevano restituito concentrazioni di benzodiazepine inquadrate dal pm come in sovradosaggio.

Nel sangue del 67enne era stata determinata una concentrazione di diazepan più di tre volte maggiore di quella attesa. Per il nordiazepan, il valore riscontrato era stato di quasi sette volte. Una combinazione che avrebbe dispensato effetti tossici tra alterazione delle funzioni cognitive, sonnolenza, confusione e debolezza. Nella lista medicinali stilata dal pm, figura pure l’amlodipina, farmaco usato per problemi cardiaci e isolato nel contenuto gastrico nel 67enne in concentrazioni superiori tra quattro e 16 volte al range terapeutico.

Il medico era deceduto in camera: quella mattina in casa c’era la badante. Ed era stata lei a chiamare il 118 quando il 67enne si era sentito male. Ma i sanitari al loro arrivo non avevano potuto fare nulla. Nei giorni successivi, gli inquirenti avevano individuato particolari perlomeno singolari. Vedi l’investigatore privato trentino ingaggiato tempo prima dal 67enne per fare luce sulle movimentazioni dal suo patrimonio: in questo contesto è stato ricavato il movente.