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Nel giorno in cui ricordiamo la nascita di Dante Alighieri, 29 maggio 1265, il pensiero va oltre la celebrazione letteraria. Dante è molto più del sommo poeta: è il primo grande artefice dell’identità italiana. Non solo perché ha forgiato la lingua, ma perché ha dato forma a un’idea di nazione ben prima che la parola "Italia" diventasse realtà politica.
Il Risorgimento, e in particolare Giuseppe Mazzini, riconobbe in Dante non solo un padre della cultura, ma un esempio di coerenza, di dignità, di esilio. Dante fu esule perché non si piegò, perché antepose il bene comune alle convenienze. Esule fu Mazzini, costretto a vivere lontano dalla patria che cercava di costruire, ma che portava ogni giorno nel cuore e nella mente.
L’Italia ha costruito sé stessa anche a partire da questa doppia eredità: quella della parola che unisce e dell’idea che eleva. E non è un caso che proprio durante il Risorgimento si sia riscoperta la grandezza di Dante come simbolo nazionale. A Ravenna, dove riposa il suo corpo, lo si custodisce come si custodisce una radice profonda. Ed è proprio su questa riflessione sull’identità che possiamo leggere, oggi, con animo repubblicano, la posta in gioco nel quinto referendum del 9 giugno, quello sulla cittadinanza. Perché cittadinanza non è solo un atto amministrativo: è una scelta culturale, politica e civile. Riconoscere come cittadini italiani giovani nati o cresciuti nel nostro Paese, che hanno frequentato le nostre scuole, che parlano la nostra lingua, che conoscono la nostra storia, significa accettare che l’identità italiana è qualcosa che si costruisce, che si apprende, che si vive.
Non si è italiani solo per sangue, lo si diventa per cultura, per scelta, per adesione consapevole a una comunità di valori. Ecco perché come repubblicani, mazziniani e laici, diciamo Sì a una cittadinanza fondata sullo ius scholae: perché crediamo che diventare italiani debba passare per la conoscenza, l’educazione, il rispetto delle regole e della storia comune. Dante e Mazzini ci insegnano che l’Italia non è mai stata una somma di genealogie, ma una tensione ideale. E oggi, nel nome loro e della Repubblica, dobbiamo continuare a costruirla su basi solide, inclusive e giuste.
* Segretario regionale del Pri Emilia-Romagna