"Dedichiamo l’area verde alle nostre lavandaie"

Angelo Ravaglia: "E per evitare che la memoria storica scompaia va ripristinata la targa in ceramica accanto al ’loro’ ponte"

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Il ponte della Lavandaie di via Villa rappresenta uno dei luoghi storici di Lugo. Il suo nome si deve alla funzione che i gradoni sottostanti hanno avuto fino agli anni ’50. Quel luogo infatti, era utilizzato per lavare biancheria ingombrante, come lenzuola e coperte, dalle lavandaie. Scalze, con i piedi nell’acqua del canale, aiutate da supporti in legno dove appoggiare i panni, generazioni di donne hanno strofinato e lavato per loro stesse o, spesso, per le famiglie che servivano. Da qui il ponte, costruito nel 1600 ha nel tempo ottenuto l’appellativo di Ponte delle lavandaie , per usare il dialetto, "dal bugadéri".

Per evitare che la memoria storica scompaia, Angelo Ravaglia, cittadino di Lugo ed ex Verde, propone oggi di ripristinare la targa in ceramica che 20 anni venne collocata accanto al ponte, in seguito vandalizzata e poi scomparsa come la panchina che affiancava l’ingresso del percorso pedonale e ciclabile, in modo da valorizzare e rendere merito alla fatica fatta dalle lavandaie ed evitare che il loro ricordo venga intaccato da altri elementi. "Recentemente – spiega Ravaglia – l’area verde a ridosso del canale è stata definita come Parco dei Mulini, al plurale. Non è corretto: a Lugo il mulino era uno solo, quello di Figna. L’uso ed il rispetto della toponomastica è fondamentale poiché spesso è l’unica traccia che resta dello svolgersi degli eventi storici. Per questa ragione, il sostantivo andrebbe eventualmente usato al singolare prima che l’uso sbagliato si radicalizzi e diventi legge. Meglio sarebbe, peraltro – continua – dedicare il parco alle lavandaie, vere operatrici ecologiche che per secoli e almeno fino all’ arrivo delle lavatrici negli anni Sessanta del "900" hanno lavato panni e lenzuola dei nostri concittadini abbienti. Quasi una "istituzione" – racconta. "Dal centro del paese trasportavano con carretti e carriole il bucato fino al ponte del canale dove veniva immerso nell’acqua corrente e sbattuto sugli scanni. Erano le vere proletarie di Lugo, spesso lavoravano a piedi nudi. Un lavoro poco riconosciuto, ma socialmente indispensabile. Non credo sia troppo chiedere di dedicare loro l’area verde a ridosso del canale come testimonianza storica ed antropologica del lavoro femminile e della cultura materiale di Lugo rendendo un minimo di giustizia a chi si fece carico di un lavoro così faticoso".

Monia Savioli