Deliri e coltellate al bar, assolta perché incapace

Una 38enne aveva aggredito la titolare del ’Commercio’ di via Garavini a Castel Bolognese e il padre sessantenne della donna

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Era andata in un bar di Castel Bolognese e aveva chiesto una spremuta. Ma, dato che non aveva pagato neanche quella del giorno prima, i titolari lo scorso aprile avevano deciso di non servirla. E allora lei aveva reagito prima a bastonate e poi era andata a casa a prendere un coltello con cui poco dopo era tornata al bar per menare un paio di fendenti. E al momento di spiegare davanti al giudice il suo gesto, aveva detto che avevano cercato di avvelenarla per impedirle che da lei nascessero due figli speciali per la salvezza del mondo così come – a suo dire – sosterrebbe una leggenda sul suo conto. Una versione con tratti deliranti, che cinque giorni dopo aveva contribuito al trasferimento della protagonista dell’accaduto, una 38enne di origine straniera residente a Castel Bolognese, disoccupata e con un passato difficile nella prostituzione, dal carcere di Forlì ai domiciliari nella struttura Villa Azzurra di Riolo Terme. E che nei giorni scorsi ha contribuito all’assoluzione della donna perché non imputabile in quanto dichiarata incapace di intendere e volere al momento dei fatti contestati. Il giudice ha anche disposto l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata.

La vicenda risale al 23 aprile scorso quando la donna, difesa

dall’avvocato Michele Dell’Edera, poco prima delle 18 si era presentata al bar Commercio di via Garavini a Castel Bolognese. E qui, dopo essersi vista rifiutare la consumazione per pregressa insolvenza, aveva sradicato l’asta di legno dal divisore in plexiglass anti-Covid, sistemato sulla cassa, e con quella aveva iniziato a colpire alla testa la titolare. Quest’ultima allora era scappata fuori dal locale, inseguita dalla 38enne che era poi rientrata, aveva preso due bibite e se ne era andata parlando da sola ad alta voce. Sul posto erano quindi arrivati il padre della titolare, la moglie e l’altro figlio. E c’era pure stato un primo intervento dei carabinieri i quali erano infine tornati in caserma con il cellulare della 38enne, dimenticato al bar dalla donna. E per quella ragione, verso le 19, la 38enne era tornata indietro promettendo di "ammazzare tutti" una volta saputo che il suo telefonino ce lo avevano i carabinieri. Quindi aveva mollato un pugno in faccia alla titolare (prognosi di 10 giorni) e aveva tirato fuori dalla tasca un coltello da cucina con cui aveva colpito il padre sessantenne della barista a un braccio e a un ginocchio (prognosi di 10 giorni). Ultimo atto dell’aggressione prima del ritorno dei carabinieri e dell’arrivo dell’ambulanza. La 38enne era stata raggiunta poco dopo a casa sua dove, anche durante l’arresto per lesioni aggravate, aveva ribadito la delirante versione dell’avvelenamento. Ovvero la donna aveva sostenuto che la famiglia dei baristi da tempo cercava di avvelenarla per appropriarsi di fantomatiche doti generatrici di due figli che avrebbero cambiato le sorti del mondo. Una "allarmante risoluzione" – per il giudice – quella dimostrata dalla 38enne nell’aggredire per "finalità banali e frutto di una percezione alterata della realtà". Una situazione esplosiva dato che emersa in una persona "senza alcun freno inibitorio", segnata da "disagio psicologico" e socialmente pericolosa. Da qui l’assoluzione della 38enne, dichiarata incapace di intendere e volere all’epoca dei fatti contestati, e l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata.