"Denunciammo il cacciatore di ibis E ricevemmo delle minacce"

"Prima trovammo due cartucce da caccia allineate di fronte a uno pneumatico della vettura parcheggiata di fronte a casa. E dopo un paio di giorni, ecco un’altra cartuccia sempre nella stessa posizione". Per quanto accaduto a una coppia cervese a metà settembre 2016, sotto accusa c’è lo stesso cacciatore che nel novembre 2015 aveva abbattuto 5 ibis sacri a Tantlon. E nella quarta udienza del processo, ieri a parlare è stato l’uomo che assieme alla moglie aveva denunciato il fatto. Il cacciatore, un 65enne di Mensa Matellica, per gli ibis aveva patteggiato (1.500 euro di ammenda) pur sempre negando ogni addebito nonostante secondo i rilievi disposti dal pm Stafano Stargiotti, avesse sparato proprio lui. Per i contestati atti intimidatori, ha deciso invece di difendersi nel dibattimento davanti al giudice Tommaso Paone. Le nuove accuse, secondo quanto si è potuto dedurre dai testi della procura, sono legate a quanto accaduto il 28 novembre 2015 sotto agli occhi dei due coniugi che abitano nella zona nella quale erano stati ammazzati gli ibis. I due non solo avevano visto un cacciatore abbattere i 5 uccelli – una specie protetta sin dai tempi dei faraoni – per poi nasconderli sotto terra. Ma avevano preso anche il numero di targa dell’auto. Una vicenda questa che davanti alla giustizia penale si era esaurita con il patteggiamento di settembre 2018. Il nuovo fascicolo – per minacce continuate aggravate – si era innescato su due denunce contro ignoti del settembre 2016. La donna aveva già parlato nella scorsa udienza. Ieri è toccato al consorte: "Avevamo visto l’episodio. Chiamammo noi i carabinieri e prendemmo il numero di targa".

L’uomo ha aggiunto che la moglie vide quell’uomo un paio di volte per strada e che fu pure seguita. Una volta addirittura la donna lo avrebbe visto mentre guardava verso la sua auto parcheggiata vicino a casa. L’imputato, ora come per il pri mo fascicolo difeso dall’avvocato Massimiliano Nicolai, in spontanee dichiarazioni già la volta precedente aveva voluto smentire spiegando che lavorava in un posto non distante da dove lo aveva notato la donna e che gli altri riferimenti a lui, "sono cercati a tutti i costi, forzati". Prossa udienza a marzo.

a.col.