Dieci anni dopo, la pineta parla dell’incendio

Nel luglio del 2012 il rogo che divorò l’area naturale a Lido di Dante. Gli alberi, ancora bassi, sono ricresciuti: "E saranno più belli di prima"

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di Sara

Servadei

La cicatrice è una macchia brillante, una toppa chiara e vivace che si estende nel verde della pineta. Quasi uno sberleffo della natura alla mano ignota che diede il via all’incendio vastissimo che in una manciata di ore fece strage della pineta Ramazzotti a Lido di Dante. Sono passati dieci anni da quel rogo tremendo, che iniziò poco prima delle 14 del 19 luglio 2012 e andò avanti fino alle 4 di notte del giorno successivo: momenti concitati impressi nella memoria di tutti, con i bagnanti che fuggivano dalla spiaggia, il preallarme nei campeggi assediati dalle fiamme e il superlavoro dei vigili del fuoco. È una storia che la natura racconta in ogni dettaglio, in modo coinvolgente e distaccato al tempo stesso. Si vede nello passaggio drammatico tra alberi vecchi e alberi nuovi, con i tronchi che all’improvviso vanno da 15 a 5 metri di altezza. Ma si vede anche nella crescita rigogliosa, nelle chiome tronfie che promettono di diventare più belle e più folte di quelle dei loro ’nonni’ risparmiati dalle fiamme. "E lo saranno – dicono il brigadiere capo Emanuele Lolli e l’appuntato scelto Giuseppe Rappoccio, del reparto carabinieri per la biodiversità di Punta Marina – perché questa è una pineta cresciuta spontaneamente qui, non trapiantata".

In questi dieci anni non c’è stato bisogno di ripiantumare niente. La natura ha fatto tutto da sola, e il compito dei carabinieri forestali è stato principalmente quello di tenerla al sicuro. La pineta, che fino al 2012 era aperta al pubblico, da allora è chiusa e accessibile solo durante le visite guidate. "È stato il fuoco stesso a seminare le piante nel terreno – spiega Lolli –. È un istinto di sopravvivenza: le pigne col calore rilasciano i semi. Anzi, casomai il problema è che sono cresciuti talmente tanti pini che in alcuni punti sono troppi, e non riescono a espandersi. Abbiamo portato avanti degli interventi di diradamento, ne faremo altri compatibilmente con le risorse".

Ogni tanto si scorge qualche testimonianza di quanto accaduto: alle spalle della spiaggia si trovano ancora pigne annerite a terra, e qualche tronco arso e spoglio fa contrasto accanto agli alberelli nuovi. "Ricordo la prima volta che ho visto la pineta dopo l’incendio, sembrava un territorio lunare – racconta Lolli –. Per noi, che siamo sempre qui, era diventato difficile anche orientarsi tra i sentieri. I nostri riferimenti erano piante e arbusti che all’improvviso non c’erano più. L’incendio? Partì dalla parte dei campi agricoli a sud ovest. Purtroppo non si è mai saputo chi sia stato... E si è sviluppato come un ’fuoco di chioma’, a svariati metri di altezza, trasportato velocemente dal vento verso il mare". I vigili del fuoco hanno poi passato settimane nella pineta, pronti a spegnere nuovi roghi che covavano sotto la cenere in attesa del momento buono per divampare di nuovo.

Per arrivare al momento in cui non ci sarà più distacco visibile tra la pineta ricresciuta e quella non danneggiata dalle fiamme serviranno altri 10 anni, o forse di più. Ma la ricrescita, lenta e inarrestabile, è iniziata subito. "Le prime a spuntare sono state le orchidee selvatiche, un mesetto dopo il rogo. Praticamente in alcune zone si spegnevano ancora gli ultimi incendi e in altre la natura ricresceva – ricorda Lolli –. Poi sono arrivati i tamerici vicino alla spiaggia, i lecci che sono più resistenti dei pini, gli arbusti e i rovi. E infine i pini. Li abbiamo visti piccolissimi e abbiamo seguito la loro crescita. Ogni fila di rami è un anno, vede? Si legge anche così il tempo passato dall’incendio". Una pagina nera da cui ricominciare.