Dieci anni fa moriva Gabrio Maraldi

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Quando si è sentito male e poi è morto, nella notte tra il 4 e il 5 settembre del 2012, Gabrio Maraldi era ai fornelli della ‘sua’ Festa dell’Unità. ‘Sua’ perché era il suo ambiente naturale, tra gli amici e i compagni di partito. Era un uomo schivo e concreto, capace di grande impegno e refrattario ai proclami che invece vanno tanto di moda in politica. Probabilmente apprezzerebbe poco o niente eventuali cerimonie ufficiali, santificazioni di rito e ricordi grondanti retorica da tutti i pori. Apprezzerebbe di più sapere, come effettivamente avviene, che i suoi amici lo ricordano con affetto, così come molti ravennati che lo conoscevano appena o affatto, ricordano il suo impegno, la capacità ormai estinta di assumersi le responsabilità. Aveva il rispetto di tutti perché aveva fama di uomo che lavorava sodo e voleva vedere i risultati. Era un appassionato della politica, amava il territorio dove era nato e nonostante gli incarichi pesanti, è stato assessore, tra le altre deleghe, all’Urbanistica, all’Edilizia, ai Lavori pubblici, il sorriso, la battuta erano sempre lì, in ogni circostanza. Allo stesso tempo non si è mai sottratto ai confronti, agli attacchi, alle polemiche, alle ‘rogne’. Con la sicurezza e la pazienza di chi prende le decisioni con convinzione e responsabilità. Insomma non era tipo, Gabrio Maraldi, da amare le celebrazioni, troppo schivo e concreto per preferire la forma alla sostanza.