Dimessa dal pronto soccorso, muore a 58 anni: medico indagato

Una donna affetta da obesità va a frasi visitare dopo una caduta in casa, i raggi escludono fratture poi il quadro clinico precipita. Esposto in Procura, disposta l’autopsia. La famiglia: "Esami tardivi"

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Dimessa dal pronto soccorso, dove era entrata dopo una brutta caduta in casa, di fatto non ha mai lasciato l’ospedale di Faenza solo perché la figlia, sapendola sofferente e persino con schiuma alla bocca, non accettava una diagnosi così sbrigativa. E il giorno dopo, a seguito di esami del sangue "tardivi", secondo i familiari, il riscontro di una grave insufficienza renale aveva portato al ricovero prima in Medicina poi in Rianimazione, dove nel giro di poche ore è sopraggiunto il decesso. E ora per la morte di una donna di 58anni, a seguito dell’esposto della famiglia – tutelata dagli avvocati Guido Pirazzoli e Nicola Festa – il pm Monica Gargiulo ha disposto l’autopsia e indagato per omicidio colposo la dottoressa del pronto soccorso di Faenza che aveva preso in carico la paziente, ora difesa dall’avvocato Giorgia Montanari.

La vittima, affetta da obesità, era incorsa in una caduta accidentale in casa la mattina di martedì 5 luglio. Dopo la richiesta di intervento del 118 e dei vigili del fuoco, data la difficoltà di sollevarla, intorno alle 21 era arrivata al pronto soccorso, accettata con codice verde e lasciata per ore in sala di attesa. Con lei c’era il marito, cui i sanitari a un certo punto avrebbero chiesto di allontanarsi in modo sbrigativo. Intorno alle 2.45 la dottoressa del pronto soccorso ha contattato al telefono la figlia, informandola che i raggi al rachide lombosacrale non avevano riscontrato fratture, perciò avrebbe dovuto venire a recuperare la madre, con lettera di dimissioni già pronta.

Da subito la figlia aveva manifestato contrarietà, avendo saputo dal padre che la madre era ancora sofferente, poi con una seconda telefonata delle 4.30 il medico le avrebbe sollecitato le dimissioni per la necessità di "liberare posti letto". Dalla scheda di pronto soccorso emerge che la dottoressa più volte ha tentato di chiamare i familiari per le dimissioni, trovando il telefono staccato. Solo all’indomani, arrivando in ospedale, la figlia ha trovato la madre in condizioni di grave stress e sofferenza, e che inoltre secerneva materiale schiumoso dalla bocca. Nuovamente, la figlia si sarebbe opposta alla pretesa dell’ospedale di dimettere la madre, che non si reggeva in piedi in modo autonomo.

Di lì a breve l’atteggiamento dei sanitari, ritenuto dai familiari fino a quel momento "discutibile", sarebbe mutato. Intorno alle 15 di mercoledì 6 luglio, infatti, un nuovo medico di pronto soccorso ha contattato nuovamente la figlia, comunicandole che gli esami del sangue fatti alle madre facevano emergere una grave insufficienza renale. Da qui la decisione del ricovero, prima nel reparto di Medicina e in serata in Rianimazione. Il mattino dopo, nuovamente contattata al telefono, la figlia è stata invitata a raggiungere l’ospedale dove ha appreso del decesso del genitore. Da qui la richiesta dei legali di aprire un’indagine, per capire le ragioni del decesso, valutare eventuali negligenze dei sanitari e ritardi con cui sono stati svolti esami basilari come quelli del sangue.

Lorenzo Priviato